Se avete dimestichezza con semi e prodotti di campo, vi piace lavorare in squadra e soprattutto non soffrite di claustrofobia, l’annuncio di lavoro del “Growing Undeground” di Londra fa per voi. “Benvenuto nella rivoluzione agricola!” è la frase che campeggia in apertura del sito, dove compare anche l’offerta di lavoro. E sì perché questo orto sotterraneo coltivato a 33 metri di profondità – sotto la trafficata Clapham Street – consente ai proprietari di dormire sonni tranquilli: niente paura dei cambi improvvisi di tempo, di grandinate improvvise o aridità: lampade a led per dare luce e coltivazione idroponica (ovvero fuori suolo) consentono a diversi prodotti – tra cui piselli, senape, ravanelli, prezzemolo, coriandolo e rucola, distribuiti a chilometro zero solo a Londra – di crescere indipendentemente dalle stagioni nei tunnel utilizzati come rifugi antiaerei della Seconda Guerra Mondiale. Impatto sull’ambiente? Quasi zero, energia da fonti rinnovabili, niente pesticidi e pochissima acqua, il 70% in meno di una coltivazione tradizionale.
“Sotto è meglio” è senz’altro anche lo slogan dei gestori della più profonda miniera d’oro d’Europa – a Pyhäjärvi, in Filandia – che hanno deciso di riconvertire gli spazi a 660 metri sotto terra per coltivare a una temperatura costante di 17-20 gradi. Nelle gallerie sono sistemati gli orti – luppolo, patate, avocado e presto anche un allevamento di insetti – illuminati anche qui a tecnologia led e irrigati da acqua pompata dalla superficie e depurata.
Ma anche alle nostre latitudini qualche esempio c’è: ad esempio a Napoli si coltiva il basilico – ma anche il rosmarino, la pianta da cui derivano le bacche di Goji, fragole e melograno – nel buio del sottosuolo, a oltre 35 metri di profondità. Si chiamano gli Orti Ipogei, e sono all’interno del suggestivo percorso della “Napoli Sotterranea”. Niente piogge acide, niente polveri sottili e smog. La luce qui è emessa da speciali lampade che garantiscono la trasformazione delle molecole di anidride carbonica e di acqua in glucosio ed ossigeno. Gli Orti sono studiati da ricercatori universitari e botanici e hanno suscitato l’interesse persino della Nasa, che si occupa di come fa attecchire forme di vita all’infuori del nostro pianeta.
Che la parola d’ordine oggi – quando eventi estremi di poche ore possono distruggere raccolti – sia coprire (invece che esporre), lo dimostra anche la sempre maggior diffusione di serre, anch’esse sempre più ecologiche. La più grande d’Italia è hi-tech e si chiama Sfera Agricola, una sfera idroponica di 13 ettari a Gavarrano, in provincia di Grosseto. Si tratta di una serra in grado di adattare in tempo reale il suo clima per far sì che la crescita di ortaggi avvenga sempre in condizioni ottimali, al di là delle condizione metereologiche. Il recupero delle acque piovane e il ciclo di coltivazione chiuso permettono di accumulare acqua nei mesi piovosi e impiegarla durante quelli di siccità, con un risparmio idrico del 90%.
Ma in fondo risponde allo stesso principio del proteggere e nascondere anche la semplice piacciamatura: una tecnica agricola antica che consiste nel coprire i campi con un telo in genere biodegradabile. Alcune aziende agricole la stanno utilizzando per produrre riso e mais risparmiando la metà dell’acqua – il telo riduce le perdite per evaporazione – ed evitando l’attacco di funghi e parassiti. Insomma, il tempo del “nudismo” agricolo è finito. Chiuso è meglio, sotterraneo ancor di più. Dove un tempo ci si occultava dai nemici, oggi si nascondono le piante dall’avversario clima. Come cambiano i tempi.
(Il Fatto Quotidiano, agosto 2019)