Da un lato i medici, critici verso il parto in casa, dall’altro le ostetriche che il parto in casa lo praticano da anni, e che sostengono che si tratti di una pratica assolutamente sicura, se effettuata in base a precisi criteri.
“Non possiamo ancora dire nulla sul caso della povera mamma deceduta, le ipotesi sono tutte aperte”, spiega Ivana Arena, ostetrica della rete ‘Nascere a casa‘, l’Associazione Nazionale Ostetriche Parto a Domicilio e Casa Maternità. “Quello che invece va contestato sono affermazioni folli, che pure in questi giorni ho sentito, per cui il parto in casa aumenterebbe la mortalità di madre e bambino anche di cento volte, una tesi delirante non supportata da nessuna letteratura scientifica. Non è un caso che il NICE, The National Institute for Health and Care Excellence inglese, equivalente del nostro Istituto Superiore di Sanità, faccia informazione diretta a convincere le donne e partorire fuori dall’ospedale”.
Il problema delle emergenze
A essere molto critica verso la decisione delle donne di partorire in casa, che in Italia riguarda appena lo 0,1 delle nascite anche se il trend è in decisa crescita, è la Società Italiana di Neonatologia, che dopo il caso sardo ha diramato un comunicato stampa in cui scrive che “anche nelle condizioni ideali non è possibile escludere, con assoluta certezza, la possibilità che si presentino complicazioni, che metterebbero a rischio la salute di mamma e bambino e che implicherebbe un necessario e immediato trasferimento in ospedale”.
Spiega il prof. Mauro Stronati, che della Sin è Presidente: “In circa 4-8 casi su 1.000 si presentano complicazioni non previste. Come si fa se un bambino deve essere rianimato o intubato? E come facciamo a portare un bambino in terapia intensiva, se la stessa non è stata preallertata? Io sono nato in casa, ma alle mie figlie dico: andate in ospedale”.
Ma proprio sul punto chiave delle emergenze le ostetriche ci tengono a chiarire.
“Noi”, dice Ivana Arena, “ci formiamo per saper gestire le emergenze anche a domicilio, tra cui eventuali emorragie post partum. Siamo anche in grado di effettuare una prima rianimazione neonatale. Lo facciamo allertando comunque l’ambulanza che qualora fosse ancora necessario effettuerà il trasporto in ospedale. Al di là di questi casi, occorre ricordare che dei trasferimenti che vengono effettuati da casa – circa il venti per cento dei casi per chi è al primo parto, molto meno per chi ha già partorito – la stragrande maggioranza non ha il carattere dell’urgenza. Il travaglio dura molte ore e ci dà chiari segnali di come si sta procedendo. Molto importante anche ricordare che il tipo di assistenza che offriamo a casa, basata sul totale rispetto della fisiologia del parto, senza interventi inutili, riduce significativamente la possibilità di una complicazione”.
Criteri di accesso al parto naturale
L’altro aspetto che le ostetriche del parto a domicilio ricordano è che il parto in casa non è per tutte le donne.
“La prima cosa da chiarire”, spiega Marta Campiotti, Presidente dell’Associazione Nazionale Ostetriche Parto a Domicilio e Casa Maternità, “è che ci sono criteri stringenti per accedere al parto in casa. Noi facciamo quella che si chiama ‘selezione dinamica’ delle donne che possono partorire in casa. Non si assistono donne con gravidanze gemellari, donne che hanno una multiabortività o ipertensione, che soffrono di diabete, o che hanno avuto un primo parto cesareo, anche se su questo non abbiamo tutte la stessa posizione. Così come non si può far nascere un bambino che si presenta all’ultimo podalico, sotto le 37 settimane, o che abbia un problema cardiologico. Restiamo insomma su una fascia di basso rischio, anche se il rischio zero non esiste mai di fronte all’evento parto, neppure in ospedale“.
“L’altro punto su cui insistiamo”, spiega Campiotti, “è che le ostetriche devono essere ostetriche che assistono parti a domicilio come scelta professionale, perché conoscono meglio la fisiologia e hanno competenze specifiche per osservare quando qualcosa si discosta dalla normalità. Infine voglio dire che l’ospedale non è un nemico, ma un alleato, più c’è una buona rete ospedaliera più il parto è sicuro. Comunque io lavoro dal 1984 e questo è il primo caso che sento, ancora tra l’altro tutto da chiarire”.
I dati: a casa è sicuro
Ma cosa dicono i dati? Non esiste per la verità, a causa dei bassi numeri del parto in casa, un’indagine sistematica sulla sicurezza dei parti in casa in rapporto a quelli ospedalieri. Tuttavia, c’è una ricerca condotta dall’Associazione con il supporto del dott. Maurizio Bonati, epidemiologo dell’Istituto Di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” di Milano e presentata nel 2016 al Convegno Nazionale organizzato dall’Associazione Ostetrica Parto a Domicilio e Casa Maternità, che analizza i 443 parti a domicilio effettuati tra il 2014 e il 2016, tutti con ottimi esiti sulla salute. Naturalmente i trasferimenti in ospedale ci sono stati:per sette di queste donne si è reso necessario il ricovero in ospedale (3 per ritenzione di membrana, 3 per emorragia materna, 1 nella prima settimana a causa della sutura). 11 sono stati invece i casi di neonati ricoverati (di cui 2 per difficoltà respiratorie, 1 per una frattura della spalla, 2 per sospetta infezione neonatale).Nessun caso di morte materna o fetale.
“Si tratta di un campione troppo piccolo per essere rappresentativo”, obiettano dalla Sin. Ma sulla mortalità materna, evento rarissimo nel nostro paese, c’è anche un osservatorio che fa capo all’Istituto Superiore di Sanità. L’anno scorso sono stati presentati i dati dei decessi della madri, 115 su un totale di 2.583.955 tra il 2006 e il 2012 nelle sole regioni però dove i dati sono disponibili, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Campania, Sicilia. L’Istituto ha individuato la principale causa di morte – 50 madri – nell’emorragia conseguente un parto cesareo, specie quando non necessario. Altre cause importanti sono legate a sepsi, complicazioni di gravidanza indotte mediante tecniche di procreazione assistita, influenza contratta durante le gravidanza: nulla che abbia a che fare con il parto effettuato a domicilio. Possono dunque scegliere in tranquillità la casa donne e neonati in salute, che cercano intimità e assistenza rispettosa e non invasiva.
In molte Regioni è stato introdotto un rimborso per coloro che scelgono la casa. E va infine ricordato, per ulteriore rassicurazione, che la normativa sul parto in casa impone la presenza di un ospedale raggiungibile entro trenta minuti dal luogo dove si è scelto di partorire.
Da un lato i medici, critici verso il parto in casa, dall’altro le ostetriche che il parto in casa lo praticano da anni, e che sostengono che si tratti di una pratica assolutamente sicura, se effettuata in base a precisi criteri.
“Non possiamo ancora dire nulla sul caso della povera mamma deceduta, le ipotesi sono tutte aperte”,spiega Ivana Arena, ostetrica della rete ‘Nascere a casa‘, l’Associazione Nazionale Ostetriche Parto a Domicilio e Casa Maternità.“Quello che invece va contestato sonoaffermazioni folli, che pure in questi giorni ho sentito,per cui il parto in casa aumenterebbe la mortalità di madre e bambino anche di cento volte, una tesi delirante non supportata da nessuna letteratura scientifica. Non è un caso che il NICE, The National Institute for Health and Care Excellence inglese, equivalente del nostro Istituto Superiore di Sanità, faccia informazione diretta aconvincere le donne e partorire fuori dall’ospedale”.
Il problema delle emergenze
A essere molto critica verso la decisione delle donne di partorire in casa, che in Italia riguarda appena lo 0,1 delle nascite anche se il trend è in decisa crescita, è la Società Italiana di Neonatologia, che dopo il caso sardo ha diramato un comunicato stampa in cui scrive che “anche nelle condizioni ideali non è possibile escludere, con assoluta certezza, la possibilità che si presentino complicazioni, che metterebbero a rischio la salute di mamma e bambino e che implicherebbe un necessario e immediato trasferimento in ospedale”.
Spiega il prof. Mauro Stronati, che della Sin è Presidente: “In circa4-8 casi su 1.000 si presentano complicazioni non previste.Come si fa se un bambino deve essere rianimato o intubato? E come facciamo a portare un bambino in terapia intensiva, se la stessa non è stata preallertata? Io sono nato in casa, ma alle mie figlie dico: andate in ospedale”.
Ma proprio sul punto chiave delle emergenze le ostetriche ci tengono a chiarire.
“Noi”, dice Ivana Arena,“ci formiamo persaper gestire le emergenze anche a domicilio, tra cui eventuali emorragie post partum. Siamo anche in grado di effettuare una prima rianimazione neonatale. Lo facciamo allertando comunque l’ambulanza che qualora fosse ancora necessario effettuerà il trasporto in ospedale. Al di là di questi casi, occorre ricordare che dei trasferimenti che vengono effettuati da casa – circa il venti per cento dei casi per chi è al primo parto, molto meno per chi ha già partorito – la stragrande maggioranza non ha il carattere dell’urgenza. Il travaglio dura molte ore e ci dà chiari segnali di come si sta procedendo. Molto importante anche ricordare cheil tipo di assistenzache offriamo a casa, basata sul totale rispetto della fisiologia del parto, senza interventi inutili,riduce significativamente la possibilità di una complicazione”.
Criteri di accesso al parto naturale
L’altro aspetto che le ostetriche del parto a domicilio ricordano è che il parto in casa non è per tutte le donne.
“La prima cosa da chiarire”, spiega Marta Campiotti, Presidente dell’Associazione Nazionale Ostetriche Parto a Domicilio e Casa Maternità,“è che ci sonocriteri stringentiper accedere al parto in casa. Noi facciamo quella che si chiama‘selezione dinamica’ delle donne che possono partorire in casa. Non si assistono donne con gravidanze gemellari, donne che hanno una multiabortività o ipertensione, che soffrono di diabete, o che hanno avuto un primo parto cesareo, anche se su questo non abbiamo tutte la stessa posizione. Così come non si può far nascere un bambino che si presenta all’ultimopodalico, sotto le 37 settimane, o che abbia un problema cardiologico.Restiamo insomma su una fascia di basso rischio, anche seil rischio zero non esistemai di fronte all’evento parto, neppure in ospedale“.
“L’altro punto su cui insistiamo”, spiega Campiotti,“è che le ostetriche devono essere ostetriche che assistono parti a domicilio come scelta professionale, perché conoscono meglio la fisiologia e hanno competenze specifiche per osservare quando qualcosa si discosta dalla normalità. Infine voglio dire chel’ospedale non è un nemico, ma un alleato,più c’è una buona rete ospedaliera più il parto è sicuro. Comunque io lavoro dal 1984 e questo è il primo caso che sento, ancora tra l’altro tutto da chiarire”.
I dati: a casa è sicuro
Ma cosa dicono i dati? Non esiste per la verità, a causa dei bassi numeri del parto in casa, un’indagine sistematica sulla sicurezza dei parti in casa in rapporto a quelli ospedalieri. Tuttavia, c’è una ricerca condotta dall’Associazione con il supporto del dott. Maurizio Bonati, epidemiologo dell’Istituto Di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” di Milano e presentata nel 2016 al Convegno Nazionale organizzato dall’Associazione Ostetrica Parto a Domicilio e Casa Maternità, che analizza i 443 parti a domicilio effettuati tra il 2014 e il 2016, tutti con ottimi esiti sulla salute. Naturalmente i trasferimenti in ospedale ci sono stati: per sette di queste donne si è reso necessario il ricovero in ospedale (3 per ritenzione di membrana, 3 per emorragia materna, 1 nella prima settimana a causa della sutura). 11 sono stati invece i casi di neonati ricoverati (di cui 2 per difficoltà respiratorie, 1 per una frattura della spalla, 2 per sospetta infezione neonatale). Nessun caso di morte materna o fetale.
“Si tratta di un campione troppo piccolo per essere rappresentativo”, obiettano dalla Sin. Ma sulla mortalità materna, evento rarissimo nel nostro paese, c’è anche un osservatorio che fa capo all’Istituto Superiore di Sanità. L’anno scorso sono stati presentati i dati dei decessi della madri, 115 su un totale di 2.583.955 tra il 2006 e il 2012nelle sole regioni però dove i dati sono disponibili, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Campania, Sicilia. L’Istituto ha individuato la principale causa di morte– 50 madri – nell’emorragia conseguente un parto cesareo, specie quando non necessario. Altre cause importanti sono legate a sepsi, complicazioni di gravidanza indotte mediante tecniche di procreazione assistita, influenza contratta durante le gravidanza: nulla che abbia a che fare con il parto effettuato a domicilio. Possono dunque scegliere in tranquillità la casa donne e neonati in salute, che cercano intimità e assistenza rispettosa e non invasiva.
In molte Regioni è stato introdotto un rimborso per coloro che scelgono la casa. E va infine ricordato, per ulteriore rassicurazione, che la normativa sul parto in casa impone la presenza di un ospedale raggiungibile entro trenta minutidal luogo dove si è scelto di partorire.
23 novembre 2017 Business Insider
Foto di Jeswin Thomas