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La religione, anche nei suoi aspetti terrificanti e spaventosi, è un motore potente per creare l’ordine morale e disincentivare le persone a compiere il male. La secolarizzazione è un processo che rischia di minare la coesione sociale e la cooperazione e che tuttavia continua a mantenere al suo interno forme di superstizione e credenze nel sovrannaturale. La sensazione che qualcuno osservi ciò che facciamo e ci premi e ci punisca a seconda della nostre azioni e intenzioni come un sentimento universale, difficile da eliminare. Sono le tesi dello studioso di biologia e scienze politiche Dominic Johnson, autore del libro God is Watching You: How the Fear of God Makes Us Human (Dio ti guarda. Come la paura di Dio ci rende umani, Oxford University Press).

Basandosi su recenti ricerche in antropologia, biologia evoluzionista, psicologia sperimentale e neuroscienza, Johnson presenta una nuova teoria della punizione divina che spiega perché la ragione è troppo debole e lenta per spingerci al bene, e come la credenza in Dio possa aiutarci, che sia un’illusione o no non importa. “Le persone che vivono con una Spada di Damocle sovrannaturale sulla testa”, scrive Johnson, “sono più caute nel loro comportamento e come risultato incorrono in costi minori nel mondo reale”. Ma soprattutto “la credenza nella punizione sovrannaturale ha spinto e spinge gli esseri umani verso grandi benefici in termini di mutua cooperazione gli uni con gli altri”. Benefici che gli atei sono pronti a negare ma che invece sono tangibili e dimostrabili lungo tutto il corso della storia umana.

Cosa l’ha spinta a scrivere God is watching you?

Sono stato mosso allo studio della religione dal mio lavoro sull’evoluzione della cooperazione. Infatti la cooperazione è onnipresente in natura, ma può difficilmente essere spiegata da un punto di vista evoluzionista. A volte la cooperazione è un mutuo beneficio, e quindi ha senso per entrambe le parti. Ma altre volte avviene sotto forma di aiuto agli altri con un costo per sé e questo tipo è molto difficile da capire, perché i geni che conferiscono questo autosacrificio dovrebbero essere eliminati dalla selezione naturale. Molte soluzioni a questo enigma sono state proposte, ma uno dei più potenti motori di cooperazione emerso dagli studi in economia e psicologia è stata la punizione. Reale o no che sia, la credenza è sembrata potenzialmente importante per capire le origini della cooperazione umana.

In che modo il timore per le conseguenze sovrannaturali e la punizione si è sviluppato e come è cambiato durante i millenni?

Nel libro spiego come tutte le società umane siano state formate dalla religione, e che l’effetto principale è stato quello di aiutare gruppi di persone a unirsi in comunità che sopprimevano l’interesse per sé e promuovevano la cooperazione. Questo effetto sembra essere evidente in tutta la storia documentata, e per inferenza anche nelle società di cacciatori-raccoglitori (simili a quelle società nelle quali ci siamo evoluti nel Pleistocene), forse molte decine di migliaia di anni fa. Naturalmente, questo processo di promozione della cooperazione non è perfetto. Ci sono ancora molti non cooperatori (imbroglioni che sfruttano i contributi degli altri al bene comune, e prendono i benefici senza contribuire in nulla). Non solo: anche la cooperazione in sé può essere usata per fini nefasti. Ma il punto è che, nel corso delle diverse culture e della storia, la religione sembra avere una capacità straordinaria nel generare identità sociale e notevoli livelli di cooperazione.

Il timore della punizione soprannaturale è davvero in grado di aiutare la cooperazione? In che modo, allora, la cooperazione rischia di essere minacciata dalla secolarizzazione?

Ci sono una gran quantità di studi empirici (sia sul campo che in laboratorio) che mostrano come le credenze religiose, o il fatto di essere spinti da concetti religiosi, riducano l’interesse personale e promuovano la cooperazione. La logica sottostante è intuitiva: se ciascuno realmente credesse nella dannazione eterna, di sicuro le persone sarebbero più cooperative e il mondo un posto migliore per vivere. Naturalmente, non c’è bisogno che Dio sia buono, come molti filosofi e sociologi hanno dimostrato. Una società con molti timorati di Dio può essere più forte di quella con nessuno. E una società nella quali molte persone hanno una trepidazione di fondo nell’offendere gli dei, anche se non sono credenti devoti, può comunque aiutare. In breve, alcune credenze o alcuni credenti, aumentano la probabilità della cooperazione nella società (ad esempio attraverso la messa in pratica dei comandamenti, la carità delle chiese, o l’elemosina). La secolarizzazione può ridurre il potere della società nel generare cooperazione, ma è un processo complicato perché non è facile dire se la diffusione dell’ateismo minerà più le “buone” o le “cattive” manifestazioni della religione.

Tutte le religioni sono simili da questo punto di vista o alcune sono più efficienti?

È una buona domanda, e sarebbe un buon soggetto per uno studio ulteriore. Comunque direi che, anche se possono variare l’una con l’altra, un aspetto comune di tutte le religioni sovrannaturali è che le persone sopravvalutano la misura nella quale gli agenti sovrannaturali ci osservano e giudicano le nostre azioni. Ma è precisamente perché divinità e spiriti sono sovrannaturali ed “eccessivi” che sono utili. La variazione nei poteri degli dei, tuttavia, è importante. Altri studiosi come Ara Norenzayan e Robert Wright hanno spiegato come, non appena le società diventano più grandi (e difficili da governare in termini di coerenza, fiducia, cooperazione), le divinità di quella società hanno bisogno di diventare anch’esse più grandi. Perciò, le religioni abramitiche tendono ad avere divinità onnipotenti e onniscienti, perché come altrimenti potrebbero avere potere su popolazioni così vaste e disperse? Società più piccole sembrano avere divinità e spiriti più piccoli e provinciali. Tuttavia, questi agenti sovrannaturali locali possono essere comunque efficaci rispetto ai problemi locali di cooperazione.

Il suo approccio sottolinea i costi e i benefici della religione durante l’evoluzione umana. Ma non è un modo di vedere la religione troppo utilitaristico e strumentale, che potrebbe scontentare anche i credenti?

La prima cosa da dire è che la punizione sovrannaturale è solo uno dei molti aspetti e funzioni della religione. La religione naturalmente offre numerosi altri servizi per i credenti, e molte complessità non possono essere facilmente ridotte (come la teologia, i rituali, i simboli, le preghiere). Considerato questo, io spiego che la punizione sovrannaturale sembra offrire una soluzione notevolmente potente ad alcune barriere teoretiche alla cooperazione. È questa utilità che offre un modo per capire come la religione può aver avuto successo e si sia estesa nel quadro dell’evoluzione scientifica.

Lei sostiene che gli umani tendono a pensare di vivere in un mondo morale dove le persone cattive sono punite e le buone hanno ciò che meritano: questo ci dice qualcosa sul nostro cervello, non sulla realtà delle cose. In altri termini, la religione può essere una illusione particolarmente ben funzionante, come sostengono gli atei?

È corretto. La religione può essere una illusione funzionale. Tuttavia, molti dei Nuovi Ateisti come Richard Dawkins sostengono che la religione è una specie di errore – la si può spiegare scientificamente solo come una produzione del cervello umano, ma questa produzione non ci aiuta e infatti ci ferisce sia come individui che come società. La mia argomentazione è differente. Sempre assumendo una prospettiva scientifica, suggerisco che la religione è “adattiva”, che ci aiuta. Quindi anche se non possiamo concordare sul fatto che gli dei siano reali o no, possiamo almeno vedere che sotto le giuste condizioni le credenze religiose possono essere adattive – che siano o no illusioni.

Lei scrive che la punizione sovrannaturale esiste anche fuori dal contesto religioso. Dove, per esempio?

Il capitolo cinque sul Problema degli Ateisti spiega in modo dettagliato una vasta gamma di esempi empirici di persone con credenze forti e timori – ma non religiosi – per le conseguenze sovrannaturali delle loro azioni. Così, ad esempio, molte persone conservano superstizioni come indossare un amuleto portafortuna o mettere in pratica piccoli rituali nella vita di tutti i giorni. Possiamo non considerarle granché, ma io spiego nel capitolo che sono molto comuni, difficili da eliminare e che è la paura di dimenticarsene e soffrire per le eventuali conseguenze negative ad essere un fattore dominante. Hanno importanza nello sport, nella politica, nella guerra, dove l’incertezza e l’ansietà sembrano spingere le persone ad aggrapparsi a qualunque cosa possa dar loro un senso di controllo su eventi incontrollabili. Probabilmente ci aiutano nell’agire adeguatamente sotto condizioni di difficoltà, anche se non possono in sé migliorare le nostre probabilità di successo.

Anche nelle società secolarizzate, lei sostiene, abbiamo la sensazione che qualcuno osservi le nostre azioni e intenzioni. Questo sentimento può rimpiazzare in maniera soddisfacente la paura della punizione divina? L’effetto deterrente è lo stesso o abbiamo ancora bisogno di Dio?

Ci sono molte indicazioni per cui le inclinazioni delle persone verso la punizione sovrannaturale si siano trasformate da credenze religiose in qualcos’altro. Per esempio, molte persone non vanno più in Chiesa, ma credono ancora nelle forze sovrannaturali di qualche tipo. In America, circa un terzo di chi si dichiara ateo ancora si aspetta di essere chiamato presso Dio il giorno del giudizio. Naturalmente, altre rigettano anche queste credenze religiose, ma esperimenti di laboratorio mostrano che persino i non credenti di qualunque tipo continuano a ospitare attese delle conseguenze sovrannaturali delle loro azioni, ad esempio sotto forma di qualche tipo di superstizione o karma. Un esempio famoso è la credenza nel Mondo Giusto. Le persone hanno una tendenza inconscia a credere che quando le persone soffrono di qualche disgrazia, in qualche modo se la siano meritata. Spesso non siamo coscienti di questi aspetti, ma esistono e gli psicologi li hanno documentati sistematicamente.

L’idea di una spada di Damocle imminente sulle nostre teste non assomiglia molto al super io freudiano?

Questa è una buona domanda. A un certo punto mi sono interessato a Freud esattamente per questa questione. Non ne ho scritto in questo libro perché ho deciso che c’erano alcune sottili differenze in ciò che le categorie di Freud rappresentavano, e in più aveva una visione della religione molto diversa dalla mia. In ogni caso, io credo che Freud abbia osservato lo stesso ampio schema nel comportamento umano – una lotta tra i desideri egoistici e l’interesse personale e simultaneamente i desideri sociali che agiscono nella direzione opposta. Mi piace pensare che il mio libro abbia osservato questa battaglia interiore in un modo nuovo, usando le lenti della teoria evoluzionista.

Perché la ragione non è abbastanza forte dallo spingerci verso il bene? La sua teoria non è forse un’ammissione della fragilità e impotenza della ragione?

Farei riferimento alla domanda di prima, quando rispondo al perché Dio deve essere eccessivo per funzionare. Io credo comunque che la storia e la vita ci insegnino che questa è una battaglia costante. Spesso perdiamo questa battaglia contro i nostri desideri e indulgenze, e per condurre una vita di successo dobbiamo trovare delle vie per subordinare l’interesse personale immediato a fini cooperativi e che a più lungo termine si adattino alla nostra società e comunità. Un sé non limitato può causarci enormi problemi. Per questo abbiamo bisogno di una motivazione controbilanciata che sopprima l’interesse individuale e promuova la cooperazione. In questo modo si sono prodotti benefici netti nel prosperare come buoni cittadini. Questo non vuol dire che non possiamo essere buoni senza Dio, ma tutte le società umane sembrano aver scoperto che la religione è un ottimo modo per confermare alcuni standard di comportamento. Per i credenti, è un deterrente estremamente efficace (e migliore del poliziotto all’angolo, perché Dio è sempre lì, ci guarda costantemente ed è più potente).

In che senso, come lei scrive, gli atei hanno un problema? L’ateismo non potrebbe essere un comportamento adattivo, al pari della religione? Qualcosa di egualmente naturale?

Come Richard Dawkins ci ricorda, ci sono milioni di atei altruisti e innumerevoli criminali devoti. La storia anche mostra che ci possono essere stati secolari pacifici e stati religiosi bellicosi. Quindi non c’è una chiara connessione tra religione e moralità. Gli atei possono avere leggi persistenti come i credenti. Tuttavia, se tutti fossero atei, è difficile negare che avremmo perso uno dei più provati motori di motivazione della cooperazione nella società. Avere almeno alcune timorati di Dio in una società tende a far decrescere l’egoismo e l’interesse personale e aumentare la cooperazione. Stiamo vivendo oggi in un esperimento naturale nel quale la secolarizzazione delle nazioni occidentali fornisce un test di ciò che accade alle società quando Dio recede. I Nuovi Atei stanno provando a buttar via la religione. Io non credo che ciò sia produttivo. Dubito anche che ciò sia possibile, date le disposizioni cognitive che gli umani hanno verso il pensiero sovrannaturale.

La credenza in Dio è utile per la democrazia o, come la Storia ha spesso mostrato, è una minaccia?

Le credenze religiose possono essere davvero benefiche all’interno di una società. Talvolta possono essere estremamente distruttive (e sono episodi che sempre ricordiamo) ma nel corso di gran parte della storia sono state quietamente e potentemente prosociali. Inoltre, i fallimenti del passato non significano che in futuro si debbano ripetere gli stessi errori. Io credo che il riconoscimento delle credenze religiose sia una parte intrinseca della natura umana, invece che un accidente della cultura, e può utilmente aiutarci a capire e addirittura risolvere le differenze culturali.

Ma come sostenere questa tesi ai tempi di Is e della minaccia dell’Islam violento?

Attenzione: la religione, come altri fattori può promuovere la cooperazione ma anche il conflitto. Dipende dalla situazione e dal gruppo – ad esempio, da come le credenze sono interpretate o utilizzate o se il gruppo sia sotto minaccia. Tuttavia, è fondamentale notare che la religione promuove la cooperazione all’interno dei gruppi; per contrasto, può sovente esacerbare il conflitto tra i gruppi. Infatti, molte persone (come ad esempio R.D. Alexander) hanno sostenuto che parte del vantaggio della religione è quello di acquisire una cooperazione migliore per difendersi contro o combattere contro altri gruppi. La religione ci può aiutare a combattere con più efficacia, proprio perché valorizza la cooperazione. La religione, dunque, funziona molto bene nel compattare comunità finite, spesso in contrasto con altre comunità. Ma se tutti fossimo nello stesso “club”, non sarebbe più così speciale e perderebbe la sua attrattività e il suo potere. Un’unica religione mondiale, paradossalmente, potrebbe fallire proprio nell’essere una religione.

Pubblicato il 2 febbraio 2016 su l’Espresso.it

Foto di Abdel Rahman Abu Baker

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