Chi l’ha provata rimpiange solo di non averla trovata prima e conta gli anni che mancano alla menopausa perché sa che non potrà più usarla poi. Di più, chi l’ha conosciuta viene contagiata quasi da una furia evangelizzatrice, diretta a che tutte le donne sappiano della sua fantastica esistenza. Ma di che stiamo parlando? Semplice, della coppetta in silicone per raccogliere il sangue mestruale. Un oggetto elementare e geniale che pure non troverete mai nelle pubblicità che invece ci tartassano con assorbenti di ogni tipo, spesso macchiati angelicamente di blu.
Per chi vuole diventare un po’ più verde, il passaggio alla coppetta è quasi, ma felicemente, obbligato. Naturalmente ci sono le statistiche che lo confermano: una donna dal menarca alla menopausa avrà circa 450-480 cicli, per un flusso di circa 5 giorni. Si tratta quindi di 10.000 assorbenti a testa nella vita, da moltiplicare per quasi la metà della popolazione del pianeta, per un totale di 120-480 miliardi di assorbenti usa e getta o tamponi all’anno (il 2,5 per cento dei rifiuti solidi urbani). Nella maggior parte dei casi, finiscono in discarica, infatti si buttano nell’indifferenziato, anche se esiste un impianto a Treviso che in via sperimentale ha iniziato a riciclare questi prodotti. Ma non servono i dati per capire quanto inquinino gli assorbenti: basta tenere da parte tutti quelli che vengono usati in un ciclo per farsi un’idea.
Ma poi chi ha detto che sono più comodi? Il flusso esce fuori, impregna l’assorbente, che spesso contiene anche plastica o è sbiancato chimicamente, e lì ristagna allegramente fino a quando viene cambiato. Il tampone interno, arrivato più tardi sarà comodo, ma non è per tutte: oltre al possibile, seppur rarissimo, rischio di Sindrome da Shock Tossico, non sempre è facile da usare, inoltre ti rimane quel simpatico filo che esce da sotto, produce un rifiuto di plastica – cioè l’applicatore – e soprattutto costa un sacco di soldi (perché intanto l’iva da noi è rimasta sempre al 22%).
E allora largo alle alternative: si parte dall’assorbente biodegradabile, realizzato con solo cotone biologico e colla naturale, che deve essere espressamente compostabile e ha l’Iva al 5%. Salendo, per così dire, nella scala, c’è l’assorbente lavabile, di varie lunghezze e livelli di assorbenza e spesso con delle clip per fermare le ali: dopo l’uso si sciacqua con acqua fredda, poi si mette in lavatrice. Ne bastano 3-4 per andare avanti parecchi mesi se non anni. Stessa filosofia è quella delle mutande assorbenti lavabili, sempre di stoffa. Anche queste si lavano in lavatrice dopo l’uso.
Infine, c’è lei, sua maestà la Coppetta.