Lo hanno accolto con applausi che, a breve, si sarebbero dimostrati ipocriti e di rito. Certo, aveva appena vinto il premio Nobel per la fisica. Ma quello che il fisico Giorgio Parisi ha detto nel suo discorso al Parlamento italiano è stato spiazzante. Ha parlato dei pericoli che corriamo superando la soglia limite di due gradi di riscaldamento, ha chiesto misure radicali, soprattutto ha rovesciato completamente la logica del Pil che nessun governo ami finora ha messo in discussione. “La lotta al cambiamento deve essere centrale, non la crescita del Pil. Ma se quest’ultima è centrale non lo è la prima”.
Parole veramente importanti, cadute più o meno nel nulla. Peggio. Proprio nelle stesse ore il ministro Brunetta, nel corso di un evento organizzato da Bruno Vespa, elogiava la propria decisione di far rientrare i dipendenti dallo smart working, spiegando come questa scelta farà tornare le persone nei centri storici e nei quartieri degli uffici – come l’Eur di Roma – con una probabile crescita del 6%, se non di più.
Avevo già trovato, prima di questa ultima esternazione, la scelta di Brunetta di far tornare forzatamente tutti i dipendenti in smart working tanto assurda quanto preistorica. E questo nonostante sia convinta che lo smart working da pandemia non abbia funzionato bene per la pubblica amministrazione, con conseguenti disagi per gli utenti. Ma appunto, si trattava di un lavoro agile di emergenza, dove sono stati fatti molti errori perché non si era ancora pronti.
Eppure, tornare indietro, nella direzione opposta, è altrettanto allucinante e penalizzante per centinaia di migliaia di lavoratori che potrebbero continuare a lavorare da casa senza causare disagi e senza cali di produttività. Conciliando lavoro e famiglia, stando vicino ai loro figli, spostandosi di meno e quindi inquinando di meno, rendendo le città meno pericolose e meno inquinate.
Ma figuriamoci se uno come Brunetta è sensibile a questi aspetti, come, ad esempio, il futuro delle nostre città, la sostenibilità di centri urbani divenuti invivibili, come Roma, città segnata dal degrado ambientale, dal traffico incontrollato, dall’inquinamento che sfora i limiti imposti dalla Ue. Tanto la scelta era incomprensibile che ho passato giorni a cercare di capire come mai il ministro si vantasse di una misura così ridicola, perché far tornare tutti in ufficio non risolve nessuno dei problemi della pubblica amministrazione, come centinaia di furbetti del cartellino e della spesa ci hanno mostrato negli anni. Anzi, è un’ammissione palese del fatto che non si riesce a controllare la produttività e occorre ancorarsi alla presenza fisica del lavoratore, come nell’Ottocento.
Ma finalmente la risposta c’è: probabilmente pressato dalle lobby della ristorazione, di alcuni quartieri – ovviamente non di tutti e certo non di quelli periferici, dove invece lo smart working ha fatto crescere i consumi – il ministro ha pensato bene di far rientrare tutti in ufficio puntando sull’effetto crescita che sarebbe dovuto alle pause pranzo dei dipendenti. Ora non solo Il Fatto Quotidiano ha smentito i calcoli del ministro, ma in ogni caso pensare di spingere la crescita con le pause pranzo e l’acquisto di panini e pizzette è espressione di un tale analfabetismo culturale, politico e infine ambientale e climatico che incute vera amarezza e tristezza.
Le assurdità e le contraddizioni sono tantissime: come dicevo, se le persone hanno smesso di comprare i panini e le insalatone in certi quartieri probabilmente hanno iniziato a prenderli altrove, oppure a sfruttare l’asporto o la grande distribuzione vicino casa. Bisognerebbe quindi avere il coraggio di dire che si vogliono favorire alcune aree piuttosto che altre. Secondo, la ristorazione è uno dei settori meno sostenibili che esista. I ristoranti – certo non tutti, ma buona parte, e non solo quelli di bassa qualità – inquinano, servono quasi sempre hamburger e cibi per la cui produzione si produce CO2 – producono immondizia che spesso lasciano in strada (almeno a Roma è così). Ripeto non tutti, ma non si tratta di un settore che spicca per il suo essere “green” in alcun modo. Terzo: anche il fatto che ci siano meno morti per inquinamento, che la gente faccia meno incidenti perché si sposta meno, che l’ambiente sia salubre porta soldi e risparmi. Ma incredibilmente, il ministro neanche li prende in considerazione.
E dunque torniamo a Parisi e alla sua invettiva tristemente caduta nel vuoto. Come ci si può vantare, nel 2021, di una crescita prodotta da scelta insostenibili come rimandare tutti in ufficio e puntando su settori che non rappresentano certo il futuro, sempre quanto a sostenibilità? Non hanno questi ministri un minimo di formazione ambientale e climatica? Lo stesso Mario Draghi, che pure tanto tiene al tema, come mai sembra non interagire con le scelte dei ministri, quasi operassero in autonomia totale? Non avrebbe potuto spiegare a Brunetta che lo smart working significa futuro sostenibile e che il governo in quella direzione vuole andare? Infine, e questa è la cosa più incomprensibile: perché si ascoltano gli scienziati virologi, mentre si fa finta di ascoltare gli scienziati climatici? La scienza è una, non si può essere appassionatamente pro vax e al tempo stesso indifferenti alla crisi climatica. Non può funzionare così.
Ad ogni modo, io non sono dipendente pubblica ma non oso pensare alla frustrazione, ad esempio, di una donna o di un uomo con figli che magari abita e lavora per la pubblica amministrazione, che so, in Val D’Aosta o in Veneto ed è costretta a tornare in ufficio non tanto perché improduttiva ma perché il ministro vuole il quartiere Eur affollato di persone che mangiano pasta e pizza. C’è chi sul web plaude alla scelta del ministro ma solo perché odia i dipendenti pubblici, considerandoli tutti fannulloni, e quindi “gode” del fatto che siano stati puniti. Ma a parte questi personaggi carichi di rancore tutto privato, credo che nessuno dotato di senno possa davvero dire che la scelta di Brunetta, oggi, abbia senso.
Eppure lui l’ha fatta. E nessuno, nel governo, lo ha criticato o ha messo in discussione una così folle decisione.
Ilfattoquotidiano.it, ottobre 2021