Ci sono decisioni politiche che sanno molto di mancia a pioggia e che fanno apertamente trapelare il fatto che non si sia fatto un vero esame di ciò che si sta varando e dei suoi effetti più complessivi, dunque non solo sulla categoria che ne beneficia ma anche sulle altre e sulla collettività in generale (oltre al fatto che ogni città è diversa e dunque anche gli effetti saranno diversi). Una misura di questo tipo è la decisione del governo in manovra di prorogare di tre mesi (e poi quasi certamente di altri) la possibilità di bar e ristoranti di occupare il suolo pubblico con tavolini, pedane, arredi senza pagare un euro. Tanto è una scelta a costo zero. Si aiuta la categoria, si dice, tanto penalizzata dalla pandemia. Già, ma a che prezzo? E siamo sicuri che sia utile anche per loro?
Farò una breve sintesi di ciò che ho visto nella mia città in questi mesi in cui, appunto, bar e ristoranti hanno potuto occupare praticamente senza limiti il suolo circostante, persino sulle strisce blu destinate alle macchine, senza alcun tipo di controllo. A Roma è successo questo: siccome era gratis, i ristoratori hanno deciso di prendere il massimo dello spazio (fino al 70 per cento degli spazi interni), senza neanche pensare al fatto che fosse effettivamente necessario. Così, hanno cominciato ad inondare il comune di richieste per montare pedane, arredi molto pesanti e vistosi, probabilmente pensati come definitivi. Il comune ha dato concessioni a più non posso, salvo poi ritrovarsi talmente inondato di richieste da non poter andare avanti. Anche perché, nel frattempo, i residenti avevano cominciato a protestare, visto che le strade si erano riempite di pedane ovunque, rendendo impossibile il passaggio, il parcheggio ma anche il decoro.
Ma se il comune non risponde, non importa. Il ristoratore – almeno una parte di loro, ovviamente non sono tutti uguali – la pedana la monta lo stesso, anche senza autorizzazione. Tanto, a Roma la polizia ha pochissime forze, i controlli sono esigui e al massimo si prenderà una piccola multa. Nel frattempo, la polizia in questi pochi casi controllati e giudicati illegali cosa fa? Mette un pezzo di nastro rosso ad indicare che la pedana è abusiva, senza ripristinare il parcheggio. Venite a farvi un giro nelle zone di Roma con ristoranti e bar. Le strade sono diventate una fila ininterrotta di pedane. Che non sono più solo tali. I ristoratori hanno montato sopra delle tende di plastica chiuse, e poi, ovviamente, ci hanno piazzato gli immancabili e pericolosi funghi riscaldanti. La domanda che sorge – ma davvero il governo e i comuni non se ne accorgono? – è questa: come può essere considerato spazio esterno, dehors appunto, e dunque sicuro sul fronte Covid, una sorta di cubo di plastica chiuso e riscaldato? Anche al netto, diciamo, dell’orrore estetico che rappresenta?
Ma tant’è. Cosa importa in fondo. I ristoratori sono contenti, i turisti mangiano inconsapevoli, il centro è diventato un’immensa mangiatoia, i residenti? non importa. E così i ristoratori si sono allargati. Perché mettere solo pedane e chiuderle? In vista del Natale quasi tutti hanno montato veri e propri muri di luci fortissime, con buona pace di chi vive appena sopra. E in più, vista la generale atmosfera di deregulation, hanno cominciato tutti a mettere musica alta, dalle canzoncine natalizie al finto jazz. Il residente può anche chiamare la polizia, che va, il ristoratore abbassa un po’ e il giorno dopo rialza.
Per non parlare, dicevo, degli arredi. In Piazza Santa Maria Maggiore, di fronte ad una delle basiliche più belle del mondo, un grande bar, oltre ovviamente a tavolini, pedane, luci e musica, ha montato due enormi lampade da terra che sparano luce bianca verso la basilica. Qualcuno fa qualcosa? Interviene? No. A Roma il neosindaco Roberto Gualtieri stava decidendo, correttamente, di prorogare la possibilità di mettere tavolini e pedane ma pagando. E soprattutto passando al setaccio le pedane una per una per abolire quelle illegali. E infine imponendo arredi uniformi, non questo carnevale dove ognuno li mette come vuole, rendendo Roma bruttissima.
E per fortuna è stata respinta una mozione dei 5Stelle, grandi sponsor dei ristoranti a Roma, che chiedeva la possibilità di mettere tavolini anche per pseudolibrerie e alberghi: praticamente, nessuno avrebbe più potuto camminare sui marciapiedi.
Purtroppo la decisione del governo probabilmente renderà impossibile tutto questo. Ma è grave, primo perché far pagare i ristoranti avrebbe almeno significato una riduzione degli spazi non utilizzati (all’interno ormai i ristoranti sono vuoti, all’esterno talvolta pure, ripeto: se non si paga se ne mettono quanti più possibili e non quanto effettivi). Ma soprattutto non si può pensare che i ristoranti non siano inseriti in un ecosistema delicato: che è fatto anche di altri tipi di commercianti, penalizzati, di residenti, soprattutto, che lavorano, portano i ragazzini a scuola e che ormai non possono più nulla di fronte a questa occupazione incontrollata. E che in qualche modo viola anche il principio del pluralismo e della “biodiversità”, visto che ormai ci sono solo ristoranti e luoghi per mangiare, quando un quartiere dovrebbe essere fatto anche di altro (è come se avessimo, che so, dieci negozi di sartoria nella stessa strada o dieci ferramenta o dieci supermercati).
Ma se il comune non risponde, non importa. Il ristoratore – almeno una parte di loro, ovviamente non sono tutti uguali – la pedana la monta lo stesso, anche senza autorizzazione. Tanto, a Roma la polizia ha pochissime forze, i controlli sono esigui e al massimo si prenderà una piccola multa. Nel frattempo, la polizia in questi pochi casi controllati e giudicati illegali cosa fa? Mette un pezzo di nastro rosso ad indicare che la pedana è abusiva, senza ripristinare il parcheggio. Venite a farvi un giro nelle zone di Roma con ristoranti e bar. Le strade sono diventate una fila ininterrotta di pedane. Che non sono più solo tali. I ristoratori hanno montato sopra delle tende di plastica chiuse, e poi, ovviamente, ci hanno piazzato gli immancabili e pericolosi funghi riscaldanti. La domanda che sorge – ma davvero il governo e i comuni non se ne accorgono? – è questa: come può essere considerato spazio esterno, dehors appunto, e dunque sicuro sul fronte Covid, una sorta di cubo di plastica chiuso e riscaldato? Anche al netto, diciamo, dell’orrore estetico che rappresenta?
Ma tant’è. Cosa importa in fondo. I ristoratori sono contenti, i turisti mangiano inconsapevoli, il centro è diventato un’immensa mangiatoia, i residenti? non importa. E così i ristoratori si sono allargati. Perché mettere solo pedane e chiuderle? In vista del Natale quasi tutti hanno montato veri e propri muri di luci fortissime, con buona pace di chi vive appena sopra. E in più, vista la generale atmosfera di deregulation, hanno cominciato tutti a mettere musica alta, dalle canzoncine natalizie al finto jazz. Il residente può anche chiamare la polizia, che va, il ristoratore abbassa un po’ e il giorno dopo rialza.
Per non parlare, dicevo, degli arredi. In Piazza Santa Maria Maggiore, di fronte ad una delle basiliche più belle del mondo, un grande bar, oltre ovviamente a tavolini, pedane, luci e musica, ha montato due enormi lampade da terra che sparano luce bianca verso la basilica. Qualcuno fa qualcosa? Interviene? No. A Roma il neosindaco Roberto Gualtieri stava decidendo, correttamente, di prorogare la possibilità di mettere tavolini e pedane ma pagando. E soprattutto passando al setaccio le pedane una per una per abolire quelle illegali. E infine imponendo arredi uniformi, non questo carnevale dove ognuno li mette come vuole, rendendo Roma bruttissima.
E per fortuna è stata respinta una mozione dei 5Stelle, grandi sponsor dei ristoranti a Roma, che chiedeva la possibilità di mettere tavolini anche per pseudolibrerie e alberghi: praticamente, nessuno avrebbe più potuto camminare sui marciapiedi.
Purtroppo la decisione del governo probabilmente renderà impossibile tutto questo. Ma è grave, primo perché far pagare i ristoranti avrebbe almeno significato una riduzione degli spazi non utilizzati (all’interno ormai i ristoranti sono vuoti, all’esterno talvolta pure, ripeto: se non si paga se ne mettono quanti più possibili e non quanto effettivi). Ma soprattutto non si può pensare che i ristoranti non siano inseriti in un ecosistema delicato: che è fatto anche di altri tipi di commercianti, penalizzati, di residenti, soprattutto, che lavorano, portano i ragazzini a scuola e che ormai non possono più nulla di fronte a questa occupazione incontrollata. E che in qualche modo viola anche il principio del pluralismo e della “biodiversità”, visto che ormai ci sono solo ristoranti e luoghi per mangiare, quando un quartiere dovrebbe essere fatto anche di altro (è come se avessimo, che so, dieci negozi di sartoria nella stessa strada o dieci ferramenta o dieci supermercati).
Ad ogni modo, Omicron avanza e presto, si spera, qualcuno dovrà dire che i dehors chiusi non sono più tali. Si spera anche che non si continuino ad aiutare alcune categorie sulle spalle di altre e a costo zero. Sarebbe allora meglio chiedere a questi ristoratori di pagare e di limitarsi e in caso aiutarli economicamente. Anche perché potranno anche continuare ad occupare strade, magari montare pedane a due piani, cercare di accaparrarsi tutti quelli che passano. Ma se la pandemia diventerà cronica non servirà a nulla. Mentre nel frattempo si è rotto ogni equilibrio tra residenti e commercianti da un lato e ristoratori dall’altro. Questi ultimi favoriti impunemente, gli altri danneggiati totalmente. E la beffa è che lo si è fatto e lo si fa con una motivazione nobile in nome di ristori a categorie colpite dalla crisi.
A me qualche volta viene voglia di comprare una mezza dozzina di tavolini con sedie e metterli nella strada dove abito. Con tanto di funghi riscaldanti e musica. Sono certa che la polizia arriverebbe subito e mi farebbe sgomberare. E farebbe bene. Perché invece gli abusivi restano? Perché nessuno controlla il livello delle luci montate e della musica? Forse non pare, ma anche questa è una forma, neanche troppo sottile, di violenza. Di fronte alla quale chi vive si sente impotente. E alla fine, se le cose non cambieranno, può solo decidere di andarsene.
D’altronde, il sogno dei ristoratori il cui nuovo leader sembra essere Briatore è proprio questo: una città senza residenti che disturbano e città pedonalizzate, ma non per motivi ambientali. No, per occuparle completamente di tavolini e rilanciare la movida, in nome del progresso e del rilancio della – ormai solo loro – città.
(Ilfatttoquotidiano.it, dicembre 2021)