Gentile presidente del Consiglio Mario Draghi,
le scrivo in fuga da una Roma che ormai è sempre più simile a un film distopico: temperature insopportabili, Tevere in secca e crisi idrica, immondizia di nuovo senza controllo, incendi continuiche intossicano adulti e bambini, l’altro giorno una tempesta di fulmini e di vento che solo per caso non ha provocato vittime.
A questo aggiungo, nel mio quartiere un incendio che ha bruciato i fili elettrici e ha fatto saltare l’elettricità, tanto che di notte e di giorni si sente lugubre e insopportabile il rumore dei generatori di emergenza.
Se di crisi climatica ormai si parla anche al bar
Cito Roma non a caso: perché un laboratorio del nostro presente e del nostro vicino futuro.
Perché a Roma è sempre più evidente che l’aggravarsi della crisi ambientale, unito ai problemi di sempre – turismo incontrollato, rifiuti, ma anche corruzione e mafia – porterà a quello che presto sarà un punto di non ritorno. Caro Presidente, da Roma i tipping point non sono così inimmaginabili.
Ma oltre Roma, e in tutto il Paese, la gente è preoccupata, anzi terrorizzata.
Ormai il cambiamento climatico ha assunto dimensioni di portata così drammatica da essere evidente a tutti, anche le persone senza strumenti per leggere gli eventi.
Sento signore anziane al mercato spaventate dalle temperature anomale e insopportabili, che parlano di “natura che si rivolta”, dicono che non è “normale”.
Ormai chiunque, dal commesso del supermercato al barista, è angosciato per la crisi climatica in corso, e se gli dici che hai dei figli ti guarda con aria di compassione mista a sofferenza.
Il Paese ha capito e lo ha fatto nonostante l’indifferenza della politica, nonostante il silenzio dei talk show: silenzio sulla crisi del clima, perché di inutili beghe politiche si è continuato assurdamente e inutilmente a parlare, mentre gli ecosistemi stanno collassando.
Clima, guerra, pandemia: la fotografia dell’Italia nel 2022
Ma non è tutto. Provo a fare una fotografia ancora più chiara di noi italiani, di come stiamo vivendo, di cosa stiamo sopportando, forse per la prima volta in condizioni peggiori che durante la guerra mondiale.
Oltre alla crisi climatica, spaventosa nella sua ineluttabilità e nella mancanza di contrasto ai suoi effetti devastanti, viviamo ancora una crisi pandemica. Oltre un milione di persone è a casa contagiata, e usciamo da oltre due anni di emergenza sanitaria estrema.
Quando appena cominciavano a vedere un filo di luce, gentile presidente del Consiglio, il nostro Parlamento, senza che noi cittadini potessimo esprimerci in nessun modo, ha deciso di prendere parte a una guerra che il Pianeta non poteva permettersi, visto che sta rendendo la crisi climatica ancora più grave: cosa c’è di infatti di peggio di una guerra quanto a emissioni climalteranti? Ma non è tutto.
Il nostro Paese sta finanziando miliardi di armi per aiutare l’Ucraina – senza che, lo ripeto, noi abbiamo potuto dire la nostra – mentre i cittadini italiani stanno sprofondando nel baratro della povertà.
A causa di un’inflazione altissima, a causa di bollette energetiche che nessun bonus una tantum riuscirà a calmierare.
Finanziamo la guerra, ma una buona parte delle nostre famiglie non potrà partire per le vacanze, restando nelle città arroventate.
Ci pensi: bambini, neonati, che non possono andare via da metropoli a quaranta gradi, né permettersi piscine, mare o altre forme di adattamento.
La reazione degli italiani: niente figli e astensione di massa
La situazione è questa, dunque: un’Italia nella morsa di pandemia, guerra, crisi climatica, povertà e inflazione: esiste qualcosa di peggiore?
Gli italiani stanno soffrendo enormemente. Come reagiscono? Come sopravvivono? Provando disperatamente a resistere. Aiutandosi gli uni con gli altri, le famiglie.
I giovani, smettendo di fare i figli, una forma di protesta tanto radicale quanto comprensibile. Chi metterebbe al mondo figli in tale scenario?
I continui appelli a farlo risultano grotteschi: non mancano solo i soldi e il welfare manca – ed è molto peggio – la visione del futuro, il futuro stesso, a dispetto dei roboanti nomi dei nuovi partiti che si riempiono la bocca di questa parola sempre più vuota e inutile.
Perché a oggi un futuro non c’è.
Dimenticavo, gli italiani reagiscono anche smettendo di votare, visto che l’astensione sta raggiungendo livelli record. Perché hanno capito, che non sarà la politica, questa politica almeno, a cambiare la loro miserabile condizione, né a frenare il climate change.
L’importanza che la politica senta il dolore, prima ancora di risolvere problemi
Ora, gentile Presidente, io so che la sua vita probabilmente è una sorta di incubo.
Come può reggere sulle sue spalle pesi così grandi?
Come può volare dall’incontro con Erodgan a portare cordoglio ai familiari delle vittime della Marmolada e poi di nuovo in giro per il mondo a cercare gas che ci svincola non tanto dai dittatori, perché ancora a loro ci rivolgiamo, ma al dittatore a cui stiamo facendo la guerra, ovvero Putin?
Immagino che non abbia tempo per dormire, ma soprattutto per pensare, riflettere, e ancora di più concedersi il lusso di provare emozioni, quelle da cui scaturiscono spesso le scelte migliori.
Però io invece vorrei chiederle di fermarsi solo un momento e di pensare un attimo questo: forse lei immagina che gli italiani chiedano soluzioni, soluzioni, soluzioni.
La vogliono attivo, presente, in movimento, capace di volare di crisi in crisi e risolvere tutti i problemi. E se non fosse così?
Se gli italiani avessero capito, come prima dicevo, che la politica è in parte impotente, sia per sua ignoranza e corruzione, ma anche per sua intrinseca limitatezza?
Io penso che oggi come oggi esista persino qualcosa di più importante della soluzione dei problemi. E cioè la scelta di rappresentarli.
Attenzione, non si tratta di chiedere demagogia e vuote parole.
Ma è urgente che gli italiani sentano che almeno i politici capiscano ciò che loro stanno soffrendo e il Paese sta soffrendo. E che esprimano ad alta voce questa comprensione, in qualche modo rendendosi portavoce dei problemi. Prima ancora di risolverli.
“Sentiamo e soffriamo con voi”
Ripeto: non si tratta di ingannare le persone o di fare promesse vuote. Tutto il contrario.
La complessità dei problemi è enorme, lo è a Roma come in tutta Italia.
Allora forse lei, gentile presidente, potrebbe dire questo agli italiani, fare un discorso del genere, simile a quel discorso che il re Giorgio VI fece prima dell’ingresso nella seconda guerra mondiale dell’Inghilterra, raccontato in maniera toccante nel film Il discorso del re: “Care concittadine, cari concittadini. Viviamo in un momento estremamente tragico. Si intrecciano negli stessi mesi variabili drammatiche come la pandemia, la guerra, la spirale inflazionista e soprattutto un esacerbarsi del cambiamento climatico, che rischia di scaraventare l’Italia nella tempesta perfetta. Non siamo il solo Paese, purtroppo, in questa difficile condizione, ma questa non è certo una consolazione. So, e tutto il governo e il Parlamento anche sanno, quanto state soffrendo. Quanto è dura la vostra vita, in questa estate troppo calda e siccitosa, quando i soldi non bastano mai e le bollette sono altissime, molti ancora malati di Covid, moltissimi angosciati per una guerra che sembra non finire. Realisticamente, non posso promettere di risolvere tutti questi problemi insieme ora. Sarebbe falso, sarebbe impossibile. Quello che invece posso dirvi al contrario è che stiamo vivendo i vostri stessi sentimenti. E che ci serve anche il vostro aiuto. Che nella lotta che stiamo portando avanti su molti fronti il vostro coinvolgimento è prezioso. Che l’Italia non può farcela senza di voi. Capisco gli sforzi che state facendo, conosco le vostre angosce e preoccupazioni ma posso assicurarvi: sono anche le mie, sono anche le nostre. Tristezza, paura, preoccupazione del futuro ci attraversano e spesso ci sentiamo anche noi impotenti, pur sapendo che siamo in prima fila nella responsabilità della soluzione dei problemi. Con questo discorso non ci stiamo tirando indietro, ovviamente, vogliamo solo farvi sentire la nostra vicinanza, farvi sapere che sentiamo e soffriamo con voi”.
Una comunicazione serrata, autentica, quotidiana
Sì, questo discorso vorrei sentire, gentile presidente del Consiglio.
Ma subito dopo ovviamente, mi aspetterei che le scelte e le azioni del governo fossero improntate a questa nuova alleanza con gli italiani in sofferenza e alla lotta alle crisi che più ci devastano, in primisquella climatica.
E allora vorrei che, dopo aver parlato, la lotta contro la crisi climatica si facesse serrata e senza quartiere.
Che si parlasse unicamente e ossessivamente di rinnovabili, accantonando ogni altro obiettivo energetico, chiedendo, per favore, al ministro della Transizione ecologica di fare non tanto il ministro dell’energia ma quello della transizione ecologicac, appunto.
Che si smettesse di finanziare i sussidi ai fossili che si mettessero in atto misure immediate di mitigazione dei gas serra, aggiornando il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima e varando il Piano Nazionale per l’Adattamento al Cambiamento Climatico, che si predisponesse un piano imponente per contrastare la siccità, che si ricominciasse a risanare il paese dai territori, senza inutili grandi opere, palmo dopo palmo.
Che, magari, si mettesse la parola fine alla partecipazione a una guerra che nessun italiano ha chiesto e nessun italiano vuole.
Che, infine, ci si concentrasse in una lotta senza quartiere alle diseguaglianze, cessando di attaccare il reddito di cittadinanza e invece allargandolo ai più poveri tra i poveri, gli stranieri, come ci chiede da tempo l’Europa.
Tutto questo, continuando a comunicare con noi, con costanza, con continuità. Perché non c’è niente di peggio delle tragedie che stiamo vivendo che vivere nel silenzio delle istituzioni e del governo, come di fatto accade.
Il silenzio è intollerabile, al contrario ogni giorno sarebbe importante e fondamentale parlarci, renderci conto delle scelte fatte, degli obiettivi raggiunti e anche di quelli falliti. Con onestà, chiarezza, autenticità. È davvero chiedere troppo?
Pubblicato su La Svolta, luglio 2022