«Appartengo a quella schiera di persone che riconosce il cambiamento climatico». Così il governatore Luca Zaia ha detto in un’intervista alla Stampa giovedì scorso. Come per rassicurare l’interlocutore, come per distinguersi dai negazionisti del suo partito e, forse, dal suo stesso negazionismo di prima. Prima di trovarsi, drammaticamente, di fronte a una regione senza più acqua.
Fin qui sembrerebbe una sorta di progresso. Ma Zaia, sempre nell’intervista, definisce i cambiamenti climatici «un fatto naturale», d’altronde «pensare che il clima resti inalterato a vita proprio no». Ne è testimonianza il fatto che, aggiunge, «in Veneto abbiamo fossili di palme e coccodrilli nelle colline veronesi, a Pesciara di Bolca, il che dimostra come il clima sia cambiato già altre volte nel corso dei secoli».
Niente origine antropica del clima, dunque? No e sì, l’uomo in parte c’entra, «pensiamo alle emissioni di CO2, anche se resta comunque un fatto naturale».
Ma allora perché votare contro lo stop ai motori ai benzina? «Non c’entra nulla e poi non c’è solo l’elettrico poi durante il lockdown l’inquinamento in pianura padana è rimasto inalterato», conclude il governatore.
Se le misure scomode diventano «ambientalismo ideologico»
La posizione di Zaia riflette abbastanza fedelmente quella del centrodestra al Governo. Il cambiamento climatico? Sì, c’è, in effetti non nevica più, però un po’ è colpa dell’uomo, forse, un po’ è naturale. Ma di politiche industriali volte alla riduzione delle emissioni non se ne parla.
Quelle, come conferma il ministro Pichetto Fratin in un’altra intervista sempre alla Stampa venerdì scorso, sono «ambientalismo ideologico». È ambientalismo ideologico la direttiva Ue per l’efficientamento energetico degli edifici, lo è quella che vorrebbe lo stop, al momento fermato, della vendita di auto motori endotermici al 2035.
Il ministro non mette in discussione lo stop delle emissioni del 55% al 2030 e la neutralità climatica al 2050, ma, dice, «deve essere un percorso sostenibile». Senza dire come.
Agire sui sintomi senza conoscere la malattia
Il problema della destra al Governo, con tutte le conseguenze su di noi e il Paese, è proprio questo. Intuire, d’altronde sarebbe impossibile non farlo, gli effetti drammatici della crisi climatica, negata tra l’altro fino a ieri, senza tuttavia avere una cognizione di cosa sia la crisi climatica, delle sue cause soprattutto oltre alle conseguenze future. È come se si dovesse cercare di salvare una barca in acqua alta senza avere alcuna idea di cosa possa aver causato il guasto, anzi se possibile agendo in maniera contraddittoria e ancor più dannosa. O, per fare un altro esempio, curare i sintomi di un paziente senza conoscerne la malattia. Esiste qualcosa di più assurdo e pericoloso?
Manca un comitato scientifico sul clima
Quello che manca drammaticamente al Governo è un comitato scientifico sul clima. Un pool di esperti veri, non pseudoscienziati raffazzonati e ideologici, che spieghi chiaramente al Governo cosa sta accadendo. Perché il nostro Paese è sempre più caldo, da cosa l’aumento delle temperature è causato, quali saranno esattamente le conseguenze a breve, medio e lungo termine. In assenza di una regia scientifica, si agirà in ordine sparso, rischiando in campo misure magari anche costose ma inutili, oppure di fallire completamente l’obiettivo che si vuole raggiungere. E quando, a esempio, si sta parlando di crisi idrica e siccità, è chiaro che non possiamo permetterci di sbagliare.
Adattare da un lato, negare la mitigazione dall’altro
Ritorna chiaramente il dramma dell’assenza di una cultura scientifica del nostro Paese e di una classe dirigente fatta di persone spesso senza laurea, o mal formate, comunque prive di cultura scientifica. Il problema vale per tutti gli ambiti, ovviamente, ma è chiaro che nel caso della crisi climatica lo è ancora di più. Questa carenza scientifica si sposa benissimo con la pressione delle lobby, a cui l’ignoranza delle cause dei problemi fa massimamente comodo. Così, da un lato abbiamo politici che sostengono l’urgenza dell’adattamento di fronte alla siccità, ma dall’altro negano che la siccità abbia alcuna correlazione con le emissioni causate anche dai trasporti. Oppure da edifici energeticamente costosi. In sostanza, il lato fondamentale della mitigazione viene del tutto negato. Ma senza riduzione delle emissioni, nessun problema potrà essere risolto. Perché le temperature continueranno ad aumentare, rendendo vani gli interventi.
Da destra a sinistra, nessuno vede la transizione come opportunità
Va detto che, sempre sul tema della riduzione delle emissioni e della mitigazione, a essere carente non è solo la destra ma anche la sinistra di questo Paese. Che ha sempre visto il tema della crisi climatica come un fastidio, buttandolo lì ogni tanto per dare un tocco ambientale al programma. Ma che poi, andando al Governo, per esempio con Draghi, non ha mai messo in discussione la centralità del gas nella strategia energetica italiana, con una incoerenza spaventosa e inquietante.
Soprattutto, proprio come la destra, raramente il Partito democratico, e in parte pure i 5Stelle, hanno raccontato la transizione energetica non tanto come una scocciatura, quanto come una straordinaria opportunità di sviluppo. Come hanno capito invece quelle migliaia e migliaia di imprese che da anni sulla transizione stanno investendo.
Elly Schlein, neosegretaria Pd, per fortuna, tutto questo ce lo ha ben chiaro. Nella sua visione complessa adattamento e mitigazione sono due facce della stessa medaglia, così come sviluppo sostenibile e giustizia climatica. Al momento, è l’unica leader a portare avanti una visione sul clima scientificamente fondata e politicamente coerente. Speriamo che presto la sua visione diventi prioritaria. Perché non sarà certo qualche dissalatore a salvarci dagli effetti sempre più duri della crisi climatica, che ha solo un’origine: l’attività umana.
Pubblicato su La Svolta.it lunedì 20 marzo