È sempre la stessa storia. Di fronte a un’aggressione animale (orsi che si avvicinano alle zone abitate, che feriscono, che uccidono pecore) spesso e volentieri la reazione delle istituzioniè pavloviana, cioè anch’essa animalesca (anzi, forse persino più meccanicistica): se l’orso colpisce lo colpisco. Lo segrego, magari dopo averlo castrato, come nel caso dell’orso Papillon, oppure lo uccido, come nel caso di Andrea Papi. E, come ha annunciato il governatore della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, di tutti gli orsi problematici «che saranno rapidamente abbattuti».
Serve una morte perché la politica agisca
L’annuncio del governatore suscita quanto meno alcuni dubbi:come saranno individuati rapidamente gli orsi problematici?E come mai si sa poco o nulla dei circa 100 orsi presenti nel territorio? Se il progetto Life Ursus, che ha reintrodotto gli orsi nel territorio, è «sproporzionato rispetto alla sua impostazione»perché non si è fatto nulla nell’ultimo periodo?
Il quadro desolante che appare dopo la morte di un ragazzo è il solito di sempre in Italia: occorre aspettare che qualcuno muoia perché si prendano decisioni, perché si facciano annunci di intervento. Perché se quel ragazzo non fosse morto, non si sarebbe fatto niente.
Peccato che la risposta non sia uccidere. Anzi, l’idea di uccidere un animale perché si è comportato da animale, ovvero ha seguito il suo istinto, ha un che di aberrante e contraddice tutta la retorica relativa agli animali e al loro rispetto, che spesso ci viene propinata anche da Regioni e Comuni.
Mi viene da pensare a tutti i libri che ho letto a mio figlio in cui si parlava di animali, orsi compresi. Forse dovremmo aggiornarli con dei post scriptum, del tipo “se però l’orsa fa l’orsa,aggredendo una persona che le sembra minacciare i suoi cuccioli, tutto quanto detto prima è annullato”.
Uccidere: una risposta stupida e unicamente “muscolare”
Insomma: la risposta agli eventi è stupidamente muscolare. Una reazione immediata e non pensata, volta soprattutto a colpire positivamente, (così almeno si crede) l’opinione pubblica, dando un’immagine di efficienza e di pronto intervento.
Ma così non è perché, a esempio, nel caso della convivenza con gli orsi (ma vale per tutto) l’equilibrio si trova ragionando, guardando ad altre Regioni dove la convivenza funziona, sperimentando pratiche virtuose. In altre parole: studiando, impegnandosi anche quando non ci sono notizie di cronaca, anzi prima che arrivino.
Le soluzioni ci sono e ovviamente non sono (questo sinceramente non lo credo) unicamente legate al comportamento individuale. Mi è capitato di viaggiare in zone popolate da orsi (Canada, California): campanellini sullo zaino e cibo ben impacchettato non mi hanno tolto, ammetto, il terrore. Così come, quando l’orso l’ho incontrato davvero (un orso bruno in California, non lontano dal parcheggio perché spesso gli orsi si avvicinano dove ci sono cassonetti e cibo umano), non sono stata granché in grado di mettere in pratica tutto quello che avevo letto, a esempio, prima regola, non entrare in panico.
Veramente difficile. D’altronde, da quanto sembra risultare non pare affatto che la vittima, Andrea Papi, abbia avuto un comportamento scorretto. In questo senso, le critiche sono profondamente irrispettose.
Non solo comportamento individuale, la responsabilità è a monte
Anche in questo caso, il problema sta molto più spesso a monte, ovvero nel modo in cui le istituzioni che ci governano e ci dovrebbero proteggere.
In Abruzzo, dove il territorio in cui gli orsi vivono è più ampio e gli esemplari sono un numero inferiore, l’area è stata divisa in zone e in alcune è obbligatorio camminare sul sentiero senza uscirne, così come è vietato, a esempio, portare cani.
L’ex ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica dell’Italia Sergio Costa, ha spiegato in un’intervista di aver proposto nel 2018 proprio a Fugatti un censimento rigoroso e un radiocollare con un sistema satellitare per rintracciare gli orsi ovunque, in modo da segnalare la loro presenza. Il progetto non fu mai messo all’ordine del giorno.
Si è trattato allora, nel caso di Andrea Papi, di una morte annunciata, come ha detto, sconvolta, la madre? Non è facile dirlo; mentre invece con assoluta certezza possiamo dire che credere di dare sicurezza, e rispondere alla morte di un ragazzo, con altra morte è una barbarie senza senso. L’unica speranza restano i tribunali, a cui anche Lav si è appellata.
L’altra speranza è che si possa essere governati da politici che usino il cervello, oltre che il cuore, invece che il fucile. Ma visti i tempi, non sembra essere qualcosa all’orizzonte.
Pubblicato su La Svolta.it
Foto di Cheryl Holt da Pixabay