Sono molti i temi su cui la maggioranza discute e, spesso, si scontra. Ma sul contrasto alla denatalità appare compatta: far sì che gli italiani e le italiane tornino a far figli, a tutti i costi, con tutti gli strumenti possibili. Ma, purtroppo per lei (e anche per l’Italia, che ha un disperato bisogno di crescita demografica per continuare a esistere come paese) ciò non avverrà.
Non saranno, infatti, i bonus, non saranno le ingenti detrazioni fiscali, o la retorica che invita a buttarsi; non sarà nulla di tutto questo a far sì che le giovani famiglie ricomincino a fare bambini. Per 7 motivi.
1) Il primo motivo è banalmente demografico.
Le donne che potrebbero fare figli oggi, tra i 20 e i 45 anni, sono poche perché la generazione precedente aveva fatto meno bambini. Dopo il baby boom degli anni 50’ e 60’, infatti, c’è stato un crollo delle nascite e, dunque, in sostanza, le potenziali madri non solo sono potenziali, ma anche poche. Il contrario di quanto avviene in Africa, che sta esplodendo a livello demografico ed è destinata a crescere ulteriormente.
2) Il Governo punta tutto su assegno unico e detrazioni fiscali, ma c’è un tema che, incredibilmente, non tratta: il lavoro.
Ormai tutti i dati dimostrano che fanno più figli le donne con un contratto a tempo indeterminato che quelle precarie. La stabilità nel tempo dello stipendio è, comprensibilmente, un criterio di scelta fondamentale visto che un figlio cresce e non può essere rimandato indietro.
Ma per incentivare il lavoro a tempo indeterminato, il Governo non sta facendo nulla, anzi: ha reintrodotto i voucer e con essi una cultura dello sfruttamento giovanile che passa (come dirò più avanti) anche dall’abolizione del reddito di cittadinanza.
Secondo elemento: gli stipendi non devono essere miseri. Invece sono tra i più bassi d’Europa: non sono cresciuti e cosa fa il Governo? Rifiuta il salario minimo. Tutta benzina buona per la scelta di non fare un figlio.
3) L’assegno unico e le detrazioni fiscali servono, certo, ma non sono determinanti. Nessuno fa un figlio per un assegno di 200 euro al mese se questo non si accompagna ad altro. Soprattutto, non lo fa perché ciò che le donne italiane hanno imparato è che i bonus e gli assegni vanno e vengono.
In questo Paese, a differenza del Nord Europa, non c’è stabilità nei sussidi perché ogni Governo cambia, e questo è psicologicamente devastante. D’altronde, prendiamo il reddito di cittadinanza: poteva essere un incentivo a fare figli, perché rappresenta una protezione sociale forte. Il Governo lo ha tolto e ridotto (anche se ora sembra voler fare parziale retromarcia), gettando le famiglie non solo in una ulteriore precarietà ma soprattutto in una condizione di sfiducia che mina una scelta definitiva come quella di fare un figlio.
4) Certo che conta il welfare: ma che cosa intendiamo con welfare?
Il primo, fondamentale welfare è senz’altro avere un asilo nido vicino casa con orario esteso e con una spesa non eccessiva. Abbiamo visto come nemmeno con fondi disponibili, quelli del Pnrr, questi asili sono stati creati.
Ma oltre al welfare, servirebbero servizi che non sono solo “per le madri” ma “anche per le madri” (e padri): a esempio, un trasporto pubblico davvero funzionante, dove si possa salire su un autobus con una carrozzina; strade non distrutte e marciapiedi liberi; la presenza di parchi, di verde lungo le strade; città non inquinate. In altre parole, città vivibili, città per bambini. Non è solo “welfare” è molto di più.
Purtroppo, è un cane che si morde la coda. Meno bambini ci sono, meno le città sono pensate per bambini; ma se si vogliono figli, occorre fare città a loro misura. Interessante, a esempio, che a Roma nascano molti meno bambini che nel resto del Paese, ed è facile intuire perché: è una città dove la qualità di vita è bassa e tutto è semi-impossibile.
5) Servirebbe come quinto punto, anche, una cultura del rispetto del corpo femminile che manca. Ad esempio, bisognerebbe che i servizi ginecologici siano davvero diffusi sul territorio e gratuiti. Tanta infertilità femminile nasce dal fatto che spesso le ragazze non si curano, non si controllano. Ma la fertilità passa anche da piccoli ma non secondari dettagli: a esempio, le terapie per le infezioni vaginali dovrebbero essere gratuite. Invece sono a pagamento e costano tantissimo.
In generale, al corpo femminile andrebbe garantito più risposo. Ben venga, a esempio, il giorno di congedo per il ciclo, perché no, il nostro corpo non è uguale a quello di un uomo. Per fare figli ci vogliono corpi non usurati, non stressati da lavoro mal pagato e multitasking folle.
6) Ma anche se ci fosse tutto quello che ho scritto, si continuerebbe a non fare figli per altri motivi. Il fatto è che la società italiana è cambiata. I ragazzi sono cambiati. I giovani uomini e le giovani donne sono cambiate. Che sia un bene o un male non ci interessa, il sacrificio a tutti i costi non è un valore, il benessere sì, come il tempo libero, come una certa disponibilità economica.
Un ragazzo che si sta costruendo una carriera interessante ma complessa, una ragazza che sta cercando anche lei di creare un percorso professionale all’insegna della passione e della creatività non manderanno tutto questo all’aria per un figlio. Né saranno disposti a entrare in quel meccanismo, faticosissimo per tutti, persino per i benestanti, di cura dei figli e lavoro, lavoro e cura dei figli, che richiede una dotazione psicologica diversa. E lo stesso vale per i ragazzi di seconda generazione figli di stranieri, anch’essi con identiche aspettative e valori dei loro coetanei.
Se vogliamo che i giovani facciano figli, dobbiamo proporre loro un modello diverso, dobbiamo parlar loro con i loro valori, non con quelli di un secolo fa.
7) Ma c’è poi un elemento finale e conclusivo, che potrebbe essere anche il primo, che fa sì che uomini e donne di oggi scelgano di non far figli. L’incertezza lacerante del presente è un fattore, ma c’è sempre stata. Quella che non c’era, in passato, era la certezza di un futuro peggiore. E drammaticamente peggiore.
Si può mettere al mondo un figlio in un Paese dilaniato dalla siccità? E sapendo che si tratta di un fattore strutturale e non ciclico, visto che i giovani sono meno ignoranti dei nostri politici rispetto alla crisi climatica? Si può decidere di fare un figlio che (in teoria) potrebbe arrivare al secolo successivo quando non sappiamo se il mondo sarà vivibile al 2050? Come affronteremo la progressiva carenza di risorse, le temperature in aumento, fattori che incrementeranno i conflitti, che a loro volta ridurranno le risorse in un pericoloso circolo vizioso?
Pubblicato su La Svolta.it del 24 aprile 2023