Forse il problema sta proprio nel nome: Green Deal, un’espressione che le persone fanno fatica a capire. Eppure dietro queste due parole si cela un piano per la transizione ecologica ambiziosissimo, presentato nel 2019 e che ha a che fare con l’energia rinnovabile, l’industria sostenibile, l’edilizia, la produzione, l’inquinamento, la mobilità sostenibile e la biodiversità.
Obiettivo generale, raggiungere le neutralità climatica in Europa entro il 2050.
Sempre nel 2019 Ursula von der Leyen ha dichiarato che il Green Deal sarebbe stato per l’Europa come lo sbarco sulla Luna”.
Il voto sulla Nature Restoration Law
Al momento, però, l’atterraggio sembra confuso. L’avanzata delle destre in Europa rischia di minare la maggioranza pro Green Deal. Una crepa importante si è vista nei giorni scorsi quando la Nature Restoration Law, che stabilisce il ripristino degli habitat naturali per il 20% delle terre, è stata fermata, in Commissione Ambiente, da un voto in pareggio (44 a 44, popolari insieme alle destre) che di fatto ha sancito la decadenza del testo emendato e riportato in auge, come ha fatto notare la Lipu (Lega Italiana Protezione Uccelli), un testo più ambizioso di quello votato.
Sempre Lipu ha stilato uno schema per mostrare come le critiche del nostro Paese alla Nature Restoration Law siano sbagliate, perché questa misura non minaccia la sicurezza alimentare, non danneggia le aziende agricole, non distruggerà la pesca , non avrà impatto negativo sull’economia, né tantomeno favorirà le alluvioni. Al contrario, contribuirà ad attenuare problemi come siccità e inondazioni, migliorerà la salute del suolo, il paesaggio, aumenterà le popolazioni ittiche, migliorerà lo stato di salute delle foreste.
Tutti i no dell’Italia
Ma non è solo la Nature Restoration Law a essere messa sul banco degli imputati. Il nostro Paese ha votato contro – unico tra gli altri – al pacchetto per la pesca sostenibile che prevede lo stop della pesca a strascico a partire dal 2030, “per tutelare un settore strategico per la nazione”.
No dell’Italia anche alla Direttiva Ue sulle case green, che prevede nuove case a zero emissioni dal 2028, immobili in classe D entro il 2033 e E entro il 2030. La Direttiva è stata votata dal Parlamento europeo, con il voto contrario del nostro Paese, anche se ora si aprirà una fase di contrattazione.
Altro fronte è quello dei biocombustibili, con il ministro italiano dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, che chiede che vengano inseriti tra i prodotti neutrali per la decarbonizzazione, nonostante il voto negativo sempre in Europa, che ha invece ammesso gli e-fuels.
Pichetto Fratin ha incassato però l’apertura del G7.
Battaglia aperta anche sulle bioplastiche, con l’Italia in prima fila nella difesa di un settore che nel nostro Paese si è sviluppato in maniera importante, ma che non è sostenibile come invece il riuso su cui l’Europa ha sempre puntato.
L’Italia non è sola invece nella contrarietà allo stop alla vendita di benzine auto e diesel nel 2035, con la Germania che ha chiesto e ottenuto una deroga per i veicoli alimenti con e-fuel.
Green Deal sui banchi di scuola?
Se l’Italia si distingue per una politica fatta di “vogliamo la decarbonizzazione” da un lato, ma voti contrari a ogni misura decarbonizzatrice da subito all’altro, le elezioni europee in arrivo potrebbero portare nuovi equilibri non favorevoli al Green Deal perché, oltre ai Paesi ostili da sempre alla decarbonizzazione come la Polonia il fronte dei contrari è in aumento anche in Francia e Germania.
Un rischio pesante, perché il Patto per il clima è un’impalcatura verde ambiziosa e coerente, che ha da sempre puntato a rendere l’Europa leader mondiale nel contrasto alla crisi climatica.
C’è da chiedersi tuttavia se le diverse misure non vadano maggiormente contestualizzate nei singoli Paesi, diversi quanto a storia, politica, opinione pubblica e soprattutto economia. Per evitare, appunto, resistenze politiche e sociali. E se, soprattutto, non sia il caso di spiegarlo meglio, proprio alle opinioni pubbliche europee: com’ nato, quali sono gli obiettivi, perché sarebbe così importante per la nostra salute ma anche per le nostre economie, se attuato con misure che permettano di ammortizzarne i costi sociali.
Forse il Green Deal andrebbe insegnato nelle scuole, visto che l’Europa è sempre così lontana, per arginare la possibilità che prendano piede stereotipi in vigore già dai tempi dell’euro ma ora declinati in versione verde: che l’Europa, con le sue politiche climatiche, vuole uccidere i nostri sistemi produttivi, portare al collasso l’economia, rendere più povera la gente. Non è vero in nessun modo ma, appunto, andrebbe spiegato senz’altro meglio. Sperando che non sia troppo tardi.
La Svolta, 3 luglio 2023
Foto di Colin Behrens da Pixabay