Non è stato ancora mandato a Bruxelles, eppure ci sono quattrocento pagine di bozzache difficilmente saranno stravolte nel loro impianto. Il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima, quello che dovrebbe stabilire come di fatto il nostro paese raggiungerà gli stringenti target di riduzione delle emissioni, con lo zero al 2050, è un piano fatto male, sbagliato. Ma soprattutto di vera transizione ecologica ha ben poco.
Certo, ci sono i target minimi di energia rinnovabile da raggiungere, ma a questo non si aggiunge un necessario e ambizioso piano di elettrificazione sia del settore residenziale che dei trasporti. Gli obiettivi sull’idrogeno sono la metà di quelli che ci sono chiesti dall’Europa. La spina dorsale del Pniec, ma d’altronde di tutta la strategia energetica del governo, è il gas. L’Italia come hub del gas, che sarà protagonista ancora a lungo (con nuovi rigassificatori), visto che si prevede una riduzione minima del 30 per cento al 2030 e del 40 al 2040. Incredibile, visto che dovremmo aver emissioni zero al 2050. E il gas è un combustibile climalterante. Ma poi: in base a quale piano è stabilito questo utilizzo massiccio di gas? Ci serve? Perché l’Italia dovrebbe diventare hub del gas? Nessuno lo spiega.
Soprattutto: come pensa il governo di arrivare alle neutralità? Qui si tocca l’apice dell’insensato, perché la risposta è un mastodontico piano di Ccs (Carbon Capture and Storage), in pratica di “cattura” del carbonio: non solo il nostro, l’Italia pensa di importare CO2 anche da altri paesi. Qualcosa di assurdo, invece che ridurre la CO2 la facciamo arrivare dall’estero, e ancora più assurdo visto che si tratta di una tecnologia ancora non sviluppata, di cui non è ancora chiara l’efficacia e che richiede ancora tempo per essere sviluppata. Per questo il Piano butta poi dentro anche cose che, nel contesto, appaiono prive di senso, come la settimana corta, per poter guadagnare in riduzione emissioni. Senza, appunto, alcuna visione, senza misure che siano coerenti l’una con l’altra.
D’altronde la strategia energetica di questo governo è chiara: no alle auto elettriche, sì ai biocombustibili, bocciati dall’Europa e inquinanti. No a qualsiasi misura ecologica in Europa, dal ripristino degli ecosistemi al divieto della dannosissima pesca a strascico. Alcune posizioni sono poi incomprensibili: il governo si oppone alla carne sinteticain nome del Made in Italy poi però è favorevole ai nuovi Ogm, approvati in Commissione Ambiente. L’idrogeno non sanno bene cosa sia, ad ogni modo puntano su un fantomatico “idrogeno blu”, fatto coi fossili. Per non parlare del nucleare, che, per fortuna, avendo tempi lunghissimi, con buona probabilità non si farà mai.
Tutto ciò viene fatto mentre ogni giorno sia Pichetto Fratin, sia gli altri ministri ed esponenti del governo ci ripetono, dicendosi sempre vagamente favorevoli alla lotta al riscaldamento globale, perché non potrebbero dire altrimenti, con uno stanco mantra che loro vogliono un ambientalismo realista, non ideologico, che non danneggi i sistemi produttivi. Detto in altri termini, vogliono esattamente continuare “business as usual“, cioè fare come si è sempre fatto, senza cambiare nulla.
La transizione energetica è fastidio, cavalcano la rabbia contro l’Europa per misure che a sentire loro danneggerebbero l’economia e ci renderebbero più poveri. La verità è che questo governo, e i suoi ministri, della crisi climatica sanno poco o nulla e soprattutto non ci credono (o, peggio, non gliene importa nulla). Per questo partoriscono veri “mostri” come il Pniec, per questo si oppongono a tutto. Il loro non è realismo, ma ideologia, ideologia asservita peraltro a grandi aziende produttrici di gas, perché non si spiegherebbe altrimenti la loro ossessione verso il gas.
Il problema è che la loro ideologia mette a rischio noi, la nostra salute, la nostra incolumità. Oltre che la nostra economia: basti pensare, insomma, che i danni dell’alluvione in Emilia ammontano a nove miliardi. E allora di quali danni economici parliamo? Di quelli del clima o di quelli delle misure verdi?
Purtroppo, tra il caso Santanchè e quello Sgarbi, c’è anche la totale incapacità di una politica energetica che ci conduca su sponde più sicure, che attui la transizione ecologica che l’Europa ci chiede e che anche gli italiani vogliono. E questo è drammatico, anche se se ne parla troppo poco. C’è solo da sperare che il tempo di questo governo non sia troppo lungo per minimizzare i danni. Perché, appunto, le polemiche su Sgarbi e Santanché, episodi pur gravissimi, passeranno, ma la CO2 non ridotta, invece, resta per sempre. Con, ripeto, danni incalcolabili sulle nostre esistenze.
Fattoquotidiano, 9 luglio 2010
Foto di Brigitte Werner da Pixabay