Ci sarebbe da festeggiare, oggi, nella Giornata Mondiale del Riciclo.
L’Italia, infatti ricicla tantissimo, con migliaia di aziende che lavorano nel settore e quasi 250.000 persone occupate.
Abbiamo percentuali “bulgare” nel riciclo di tutti i rifiuti, urbani e industriali (oltre il 72%, contro una media Ue di 53%), nella carta (85%), nel vetro (77%).
Nel 2021 il 63% di carta e cartone e il 62% circa di vetro prodotti in Italia provengono da riciclo, una percentuale veramente alta. Anche la percentuale di riciclo degli imballaggi in plastica, al 2021, ha raggiunto il 56%, mentre siamo un’eccellenza nei riciclo del legno.
Cresce anche il riciclo della frazione organica, ma anche degli pneumatici, mentre ancora siamo lontani dal target per i cosiddetti Raee o rifiuti elettronici. Su quasi tutti i fronti, comunque, l’Italia eccelle o sta crescendo.
Quei comuni dalla raccolta differenziata da manuale
Si potrebbe dire, dunque, che l’Italia è un Paese campione di economia circolare rispetto a molti altri paesi europei, anche più virtuosi di noi su tantissimi altri aspetti. E infatti viaggiando per il nostro Paese, soprattutto nel Centro-Nord ma con moltissime eccellenze anche al Sud, si incontrano comuni che fanno raccolta differenziate di vera eccellenza, con cittadini che differenziano i rifiuti in maniera certosina e conferiscono le varie frazioni nei giorni dedicati con precisione assoluta.
È difficile vedere cose simili all’estero. Personalmente sono rimasta stupita, per esempio, di quanta scarsa raccolta differenziata si faccia in Olanda, ma anche in Gran Bretagna.
In molti Paesi esiste solo organico e indifferenziato, in altri carta e alluminio sono insieme. Insomma, a parte città che ancora fanno fatica, per mentalità e organizzazione, come Roma, a stare dietro agli standard del nostro stesso paese, possiamo considerarci, per una volta tanto, soddisfatti.
Il riciclo non è a energia, ed emissioni, zero
Ricicliamo tantissimo, è vero: ma non siamo un Paese dai comportamenti davvero ecologici.
È una contraddizione, che cerco subito di spiegare. Il riciclo dei materiali va benissimo, ovviamente. Bisogna però considerare che riciclare non è un’attività a energia zero e dunque a emissioni zero.
Più rifiuti si riciclano, più emissioni si producono, il che vuol dire che non dovremmo solo riciclare, ma anche e soprattutto ridurre ciò che compriamo.
Al contrario, di fatto i nostri consumi sono improntati a un usa e getta forsennato.
Non per colpa nostra, solo, ma soprattutto di un’industria che ormai ci lega mani e piedi a imballaggi sempre più imponenti e sempre più parte del prodotto che ci viene venduto.
Nel settore alimentare, la quantità di plastica è sconfortante già al supermercato. Se poi si ordina la spesa on line, la plastica raddoppia, quella delle vaschette e quella che serve per coprire i prodotti e non farli rompere.
L’altro settore che trovo veramente ai limiti del tollerabile ormai è quello dei detersivi.
Acquistiamo decine di flaconi grandi di plastica dura che durano magari una settimana o meno e che poi vengono buttati nella plastica quando potrebbero essere riempiti di nuovo e di nuovo, per anni, senza rovinarsi. È incomprensibile.
Se le aziende sfruttano il riciclo per vendere di più
Purtroppo il fatto che si utilizzi plastica e carta riciclata aiuta in un certo senso il greenwashing delle aziende.
Perché se la bottiglietta di plastica di una bibita, senza fare nomi, è fatto in una certa percentuale di plastica riciclata (senza poi parlare degli slogan che nulla vogliono dire come “100% riciclabile”), l’acquirente si sentirà più spinto a comprare e comprare nuove bottigliette, sapendo che, comunque, verranno riciclate e che quella che ha in mano è fatta, diciamo al 30% o 50% di plastica riciclata.
Peccato che questo, come dicevo, non riduca le emissioni prodotte dal riciclo, né eviti il fatto che comunque una parte di plastica e di altri materiali finisce dispersa nell’ambiente, con i risultati che sappiamo, oppure in discarica, con emissioni relative.
Purtroppo il nostro sistema di consumi arriva a tollerare il riciclo. Ma non a tollerare la fine dell’usa e getta e lo spostamento verso un modello dove non solo si riducono i consumi, ma soprattutto si eliminano gli imballaggi a favore del riuso.
Monouso a gogo, altro che riuso
Con il Covid-19, poi, le cose sono peggiorate, ma anche ora resta la convinzione che debba essere tutto monouso, altrimenti non è sterile, è sporco o chissà che. D’altronde, di nuovo: se siamo in un sistema dove si viene spinti a cambiare telefono ogni anno, perché i nuovi modelli escono di continuo, creando una obsolescenza forzata del modello che avevi prima, non sarà certo l’aumento della raccolta e del riciclo dei Raee che risolverà i nostri problemi ambientali (e non solo).
Si potrà arrivare pure a percentuali altissime, in modo che comunque parte dei materiali siano riutilizzati, ma la quantità complessiva dei prodotti deve ridursi. E soprattutto degli imballaggi, nei quali ormai stiamo affogando.
L’Europa ha cercato di farlo, scontrandosi con interessi di vari Paesi, tra cui il nostro (per esempio, sulle famose bioplastiche, che l’Italia produce ma che in teoria non dovrebbero avere ragione di esistere, invece sono un ennesimo prodotto venduto a prezzi altissimi).
Restano domande inevase: perché a una festa per bambini non si possono portare bicchieri di plastica dura che poi si lavano (esistono le stoviglioteche, che si possono affittare, una buona idea)? Perché tutto deve essere buttato, dopo essere stato usato?
Usa e getta deleterio anche per la psiche
Anche a livello psicologico e morale, il messaggio che tutto ciò che viene usato viene poi subito gettato è dannoso. Ai nostri figli non insegniamo a prendersi cura delle cose, a farle durare più a lungo possibile, ma a gettarle. Magari insegniamo loro a fare la raccolta differenziata, carta qui, umido là, ma è sufficiente? Direi proprio di no, se poi si compra a oltranza e soprattutto si butta a oltranza.
Insomma, ben venga il riciclo. Ma non deve essere una scusa per continuare con un sistema di consumi impossibile e dove ogni cosa ha una vita brevissima, perché diventa subito rifiuto.
L’obiettivo è far sì che gli oggetti non diventino subito rifiuti, che permangano nel loro essere, filosoficamente parlando, più a lungo possibile.
Un po’ come le persone, è bello e importante che l’esistenza sia più lunga possibile.
Se poi quella persona muore e dona i suoi organi – l’esempio più alto e morale di economia circolare – fa una scelta bellissima. Così come è bello che i materiali si trasformino. Ma solo una volta che sono veramente esausti, finiti, rotti. Non quando sono flaconi di plastica dura ancora scintillanti, intatti, perfetti. Non ha senso, nessuno.
Foto di Gerd Altmann da Pixabay
Pubblicato su La Svolta del 18 marzo 2024