Immaginate un Paese in cui ci sia scarsità di cibo, tanto che in alcuni comuni vengono emesse ordinanze che ne vietano lo spreco. Immaginate anche che in questo Paese ogni tanto il cibo cada dal cielo, si posi per terra e venga lì abbandonato. Ecco, quello che accade con l’acqua piovana in Italia è un po’ la stessa cosa. Eravamo un Paese ricco di acque, ma la crisi climatica sta rendendo anche noi vulnerabili rispetto alla risorsa idrica. Eppure le politiche per il recupero dell’acqua piovana sono scarse e spesso solo locali.
Dall’acquisto alla manutenzione, cosa sapere su cisterne e serbatoi
Recuperare l’acqua piovana, in realtà, non è complicato, specie se si ha un qualche spazio aperto, come un giardino, o si abita fuori città. Lo spiega un manuale molto concreto, Raccogliere l’acqua piovana, scritto da Renee Dang ed edito da Terra Nuova. Nel libro si illustra passo passo come stimare la quantità d’acqua necessaria per i proprio bisogni, come scegliere e acquistare le cisterne o i serbatoi necessari (l’acqua arriva dal tetto tramite grondaie, non c’è bisogno di interrarli), la differenza tra i vari materiali e la durata, quali sono i costi, come fare la manutenzione, come filtrare e depurare l’acqua e ogni altro aspetto tecnico.
Ad esempio, per l’uso domestico per una-due persone serviranno fino a 5 cisterne da 1.000 litri oppure un serbatoio da 4.000, considerando una media di circa 700 litri a settimana. Per l’uso domestico di 2-4 persone fino a 9 cisterne da 1.000 litro o un serbatoio da 10.000 litri.
Come usare l’acqua piovana dentro e fuori casa
A cosa serve l’acqua piovana e per cosa si può usare, anche secondo la legge?
Spiega il manuale che l’acqua piovana senza trattamenti, per uso esterno si può usare per giardinaggio e irrigazione, per il controllo degli allagamenti e la prevenzione dell’erosione, per il compost, per il lavaggio di macchina e casa e la protezione degli incendi. L’acqua non purificata ha anche impieghi per uso domestico: lo scarico del gabinetto, il lavaggio dei vestiti, la doccia (qui la purificazione è opzionale). Infine l’acqua piovana purificata si può usare per irrigare le piante commestibili, per la doccia, per lavare i piatti.
Qualche numero aiuta meglio a capire. Il manuale spiega come solo per l’irrigazione del giardino nei mesi estivi si consumano 250 litri a settimana se il giardino è piccolo (10 metri quadri), che arrivano a 1.200 se l’orto è di medie dimensioni (50 metri quadri) e 2.000 di grandi dimensioni (75 metri quadri). Per una lavatrice a pieno carico, invece, a settimana per persona si usano 170 litri (8.200 all’anno); per la doccia 250 litri a settimana (12.000 l’anno); per il lavandino 42 litri a settimana (2.000 l’anno); per il gabinetto, sempre per persona, 65 litri a settimana (3.100 l’anno). Immaginiamo l’acqua necessaria per una famiglia di quattro persone.
La bellezza del diventare autonomi
Raccogliere l’acqua piovana significa molte cose. Significa avere acqua in più a disposizione; significa evitare di sprecare acqua potabile per usi per i quali non andrebbe usata, dallo scarico del water all’irrigazione. Significa, soprattutto, diventare (almeno parzialmente) autonomi, un valore immenso di questi tempi incerti. L’acqua che cade dal cielo può essere davvero tanta, ma non ce ne accorgiamo, anche se oggi cade meno spesso ma in maggiori quantità.
I problemi, sono come al solito, la burocrazia e la politica. Le normative infatti spesso non ci sono o sono poco chiare. In Italia l’acqua piovana non è considerata potabile (ma, come abbiamo visto, se filtrata può essere usata in casa e all’esterno per molteplici usi). La raccolta di acqua piovane in invasi, cisterne a fini agricoli, civili o industriali è invece libera (anche se ovviamente la costruzione dei manufatti per l’impianto è normata dalle leggi in materia di edilizia e altre leggi). Dal 2008 il recupero delle acque piovane è diventato un obbligo per i nuovi edifici con determinate caratteristiche. Ci sono poi incentivi e bonus, ma di carattere regionale per il recupero delle acqua meteoriche.
Infine, il Decreto Siccità ha snellito la procedura burocratica per la realizzazione di vasche di raccolta delle acque piovane, che possono essere realizzate senza alcun permesso ma se le acque raccolte sono destinate a un uso esclusivamente agricolo.
Passare all’apro-uso-getto alla circolarità
Dov’è allora il problema? Manca, come sempre, una diffusione capillare di queste pratiche e manca, e le due cose sono collegate, una discussione pubblica su un tema fondamentale come quello delle risorse idriche. Eppure la questione della siccità e della crisi climatica che mette a rischio anche l’acqua è un tema talmente importante che dovrebbe essere al centro di ogni dibattito. È dai giornali e dalla politica, oltre che dalle amministrazioni locali, che dovrebbe venire la spinta decisiva affinché la raccolta di acqua piovana divenga strutturale. Proprio come per l’elettricità, ogni abitazione dovrebbe pensare di dotarsi di cisterne di raccolta dell’acqua piovana, come una dotazione scontata, necessaria, non opzionale (ovviamente, nei condomini di città è più difficile, ma è legittimo installare serbatoi sul terrazzo condominiale).
Invece, ancora oggi si preferisce unicamente attingere all’acqua dell’acquedotto, oppure ai pozzi, con il rischio di impoverire le falde acquifere. Davvero, questo non ha senso e in tante città e aree del mondo lo hanno capito.
Ecco che, prima ancora di fare, serve cambiare mentalità.
Anche per l’acqua, dobbiamo uscire da una mentalità lineare, apro, uso, butto e passare a una mentalità circolare, dove l’acqua – soprattutto l’acqua! – si riusa costantemente. Questo vale ovviamente per l’acqua dell’acquedotto ma vale ancor di più per l’acqua piovana. Un vero e proprio cibo dal cielo, che non ha senso sprecare, anche perché, appunto è gratis, è – davvero – un dono.
La Svolta 8 aprile 2024
Foto di Roman Grac da Pixabay