Era un’usanza divertente da fare una tantum, dalla quale si usciva sempre con la frase “mai più” e lo stomaco in subbuglio: l’ “All you can eat” ancora permane in qualche sparuto ristorante, ma è cosa degli anni Ottanta, l’epoca delle abbuffate di cibo e ammucchiate di CO2. Oggi al ristorante le parole d’ordine sono sobrietà e sostenibilità e pazienza se certi ristoratori ne approfittano per darti porzioni da fame, magari in quei piatti irritanti col buco dentro.
Perciò, quando ho sentito che la compagnia aerea Wizz Air ha lanciato il programma “All You Can Fly” – andato tra l’altro esaurito in pochi giorni – ho pensato che stiamo davvero andando indietro nel tempo, senza considerare quanto poco ne abbiamo per arginare i danni fatti finora al clima: 599 euro all’anno per volare liberamente su 800 destinazioni non nazionali. E passi che bisogna prenotare 72 ore prima, che comunque bisogna pagare il bagaglio e altri limiti che renderanno l’offerta molto meno appetibile: è il messaggio che conta. cioè questo: usiamo gli aerei come gli autobus, scorrazziamo per i cieli il più possibile, incuranti delle conseguenze sul clima.
D’altronde, a inquinare non sono solo gli aerei, ma anche le macchine, le navi da crociera, insomma tutto, in un’epoca di overtourism senza più limiti. Ma l’aereo resta un mezzo che andrebbe usato con parsimonia, perché altamente inquinante e climalterante. Se n’era parlato un po’ quando Greta Thunberg decise di raggiungere New York con il catamarano, proprio per dare un messaggio sul tema. Era il 2019, sono passati cinque anni e una pandemia in mezzo e tutto è tornato come prima, anzi peggio.
I passeggeri sui voli crescono a dismisura. Nessuna misura di contenimento, almeno da noi, sembra possibile, ad esempio, come è stato fatto in Francia, vietare l’aereo per tratte brevi oppure limitare la follia dei jet privati, che continuano a emettere indisturbati senza alcuna restrizione. Guai a toccare la libera concorrenza, guai a toccare la libera circolazione di masse di turisti che arrivano nel nostro paese ormai fragile ed esausto. Guai, soprattutto a cominciare a valutare seriamente gli impatti degli aerei sul clima.
Colpevolizzare il consumatore che acquista, per certi versi, è sbagliato. Il problema è sempre l’offerta a monte e ancor di più un sistema costruito per consumare, quindi anche volare, sempre di più, nonostante l’aggravarsi della crisi climatica. Anche l’aumento delle turbolenze in volo causate proprio dal cambiamento climatico per ora non ha portato a nessuna riflessione, troppo frenetiche sono le nostre vite, specie quelle dei ricchi che si spostano in maniera compulsiva, mentre la stragrande maggioranza delle persone nel mondo non ha mai preso un aereo, pur subendo le conseguenze delle emissioni di questo settore (in questo senso, i voli sono un’immagine emblematica della diseguaglianza globale).
Tuttavia, una piccola, diciamo minore, responsabilità di chi acquista questi pacchetti c’è. Certo, spostarsi in aereo è comodo è bello. Ma almeno cerchiamo di limitare i voli a quelli strettamente necessari, vagliando eventuali alternative, che a volte ci sono (non sempre) e non sono sempre stressanti. Se anche noi non cominciamo a cambiare mentalità, le aziende continueranno a non cambiarla, e così il sistema, in un circolo vizioso che non ha fine.
Insomma, se proprio non possiamo evitare l’aereo, evitiamo di prendere pacchetti bulimici che ci spingono a volare quando neanche ci serve. Lo slogan “All You Can Fly” sembra tanto moderno, ma in realtà esprime un messaggio, e una mentalità, che dovrebbero appartenere al passato.
Fattoquotidiano agosto 2024