A smorzare i toni trionfalistici con cui il governo racconta il proprio operato – governo che ha appena varato una manovra in cui non c’è nulla, nessuna visione del futuro ma neanche nessuna delle tante promesse sbandierate, come il taglio dell’Irpef al ceto medio – è arrivato qualche giorno fa l’ultimo Rapporto Censis sulla situazione sulla situazione sociale del Paese. Che non dice molto di nuovo di quanto già non sapessimo, ma che tuttavia è estremamente utile perché mette insieme i vari elementi fino a formare un quadro che sarebbe veramente fondamentale che ogni politico leggesse e imparasse a memoria.

Il Rapporto racconta gli italiani: cosa pensano, di cosa hanno paura, come agiscono e come si difendono. E la situazione è chiarissima. Gli italiani hanno paure fondatissime, che poi fanno aumentare le paure meno fondate. Il terrore principale, e come non essere d’accordo, è verso le questioni gravi come la mancata pace, la guerra, il continuo finanziamento con soldi pubblici – che mancano per le cose essenziali – per la difesa, il cambiamento climatico.

Ma poi, anche: paure altrettanto fondate sulla povertà che cresce e soprattutto sul welfare che ormai sembra essere qualcosa di appartenente al passato. Mancano misure anti-povertà, il sistema sanitario è sempre più inaccessibile, con liste d’attesa che si allungano e il privato che avanza. Infine il capitolo tragico delle pensioni: quasi tutti sono convinti che non avranno una pensione degna di questo nome, molti ritengono ingiusto andare in pensione così tardi. In generale, si è ormai capito chequasi nessuna protezione sociale verrà dallo Stato. Una convinzione veramente drammatica eppure vera e concreta, che fa capire la parabola che le nostre società hanno fatto dagli anni Settanta ad oggi.

Allora è chiaro che gli italiani sono scettici verso l’Europa, verso l’Occidente, come il rapporto spiega, se questi sono i risultati. È chiaro che hanno timore che gli stranieri possano aggiungersi a quanti aspettano qualche briciola di aiuto materiale da una torta che il debito riduce sempre di più. È anche ragionevole che aumentino altre paure, come quelle di furti, rapine e violenze, reati che pure sono in calo. Perché alla base di tutto c’è la sensazione di essere soli, appunto non protetti, abbandonati.

E allora la gente fa come può. Si aiuta reciprocamente, aiuta i figli lasciandogli quello che ha, soldi, case. Figli che sono sempre di meno e che quindi, almeno, possono sperare in un’occupazione più degna e in eredità che possano compensare l’assenza di welfare. Ovviamente non vale per tutti, solo per chi ha genitori benestanti, e non è una soluzione. Ma leggere alcuni editorialisti che sostengono che tutte queste eredità farebbero male ai giovani (qualcosa di paventato dallo stesso Rapporto, il rischio “rentier”) appare alquanto grottesco. Nessuno vuole essere povero o fare un lavoro miserabile, ben vengano gli aiuti dei genitori se lo Stato non aiuta i giovani per l’affitto, per pagarsi l’università o un alloggio universitario, per avere figli.

Per il calo demografico, quello che tanto preoccupa il governo che pure fa poco e niente per contrastarlo, mancano intanto lavoratori, specie giovani. L’occupazione aumenta, ma non il Pil, aumenta cioè l’occupazione povera e poco qualificata. I migliori, o meglio i più formati, continuano ad emigrare come se non ci fosse un domani (e infatti, in Italia, non c’è). Perdiamo competenze, gente formata qui, giovani e meno giovani intraprendenti e coraggiosi. Restano gli altri, e poi è ovvio che si scopre che siamo molto ignoranti e poco formati, se rimangono soprattutto i più anziani e i meno colti.

Eppure, il governo fa di tutto per fermare l’arrivo di immigrati giovani, con misure crudeli come quella appena varata alla Camera che raddoppia il periodo di attesa per il ricongiungimento di un coniuge.

Insomma, ancora più in sintesi: gli italiani arrancano, perché hanno stipendi bassissimi e che calano negli anni, il contrario che in Europa. Lavorano tante ore ma con poco reddito e con la prospettiva di non avere pensione. Devono pagarsi la sanità. E su tutto incombe la paura della guerra e del clima. Non un bel quadro e anzi c’è da stupirsi che non ci sia alcuna rivolta sociale consistente, troppo grande è lo scetticismo rispetto al fatto che qualcosa possa cambiare.

Note positive? L’aumento esponenziale del turismo è a doppia faccia, un paese che comincia a basarsi solo su un tipo di economia è a rischio, un pandemia anche meno grave del Covid-19 metterebbe in crisi il paese, per non parlare degli effetti devastanti dell’iperturismo sui territori.
Positivo invece l’aumento della cultura, dei lettori di libri, di podcast, di audiolibri, mentre calano i giornali, anche on line. Anche qui, forse – in conclusione – c’è un monito per l’informazione: forse gli italiani sono stanchi della cronaca delle sciagura, delle guerra raccontate in dettaglio sui quotidiani con dovizia di foto, ma anche della cronaca della politica di cui le persone ormai sono disinteressate.

Forse dovremmo passare a un’informazione più lenta, più legata all’approfondimento. Vale per tutti i temi, clima compreso. E servirebbe il racconto anche dell’Italia che funziona, che aiuta, che fa del bene, dal sociale all’ambiente, eppure quasi assente dai giornali. Noi giornalisti siamo anche colpevoli di tanto disincanto e scetticismo: e il Rapporto Censis è un monito anche per noi.

Il Fatto Quotidiano, dicembre 2024

Foto di congerdesign da Pixabay

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