“Il clima è un bene comune di tutti e per tutti”. E: “Non esistono due crisi separate, una ambientale e una sociale, ma una sola complessa crisi socio-ambientale”. Con queste due frasi si potrebbe sintetizzare la Laudato Si’, Enciclica di quasi cento pagine che papa Francesco pubblicò dopo appena tre anni di pontificato e che è impossibile non ricordare dopo la scomparsa del pontefice e la ricorrenza – oggi – della Giornata della Terra.
Ma quell’Enciclica è molto di più, è una “summa” del problema ecologicodeclinato in tutti i suoi aspetti sociali, economici, culturali, oltre che ovviamente ambientali. Nella prima parte, Francesco porta dentro un documento teologico tutti i temi della scienza climatica: la necessità di sviluppare energie rinnovabili e sistemi di accumulo, il tema dell’acqua, la distruzione della biodiversità – zone umide, mangrovie, plancton, specie animali – e la tristezza che comporta. Ma subito l’accento diventa sociale: parla delle bruttezza di vivere in città inquinate e senza verde e dell’ingiustizia dei quartieri ecologici privati, critica i media che scrivono di clima partendo da una qualità di vita impensabile alla maggioranza delle persone, chiede protezione per i migranti climatici, invoca un sistema normativo forte per proteggere gli ecosistemi, sostiene che la tecnologia senza un mutamento etico è una minaccia, critica chi fa azioni filantropiche ma poi vede come disturbo chi vuole davvero cambiare il sistema. “L’approccio ecologico è un approccio sociale, il grido della terra è quello dei poveri“, scrive Francesco.
Nella seconda parte, la riflessione si fa più teologica: non è vero, sostiene Francesco, che dalla Genesi scaturisce l’antropocentrismo, anzi la figura di un Padre creatore limita l’ambizione umana. Poi di nuovo il pontefice lega etica e cura della natura: curare le relazioni con la natura è inseparabile dalla fraternità, la giustizia e la fedeltà verso gli altri e non esiste un sentimento di unione con gli esseri della natura se non c’è “compassione, tenerezza e preoccupazione per gli esseri umani”. Di più: pace, giustizia e salvaguardia del creato sono connessi.
Francesco arriva a parlare della proprietà privata definendola “non intoccabile” e afferma che il “mercato non garantisce da solo lo sviluppo umano integrale e l’inclusione sociale”, poi dice chiaramente che la crisi ecologica è colpa dell’uomo e che l’immensa crescita tecnologica non è stata accompagnata da uno sviluppo della responsabilità e della coscienza. Per questo non possiamo illuderci di risanare la nostra relazione con la natura senza risanare le relazioni umane fondamentali.
Scorrendo le pagine si trova anche una critica al relativismo, all’individualismo, una difesa della diversificazione produttiva, una critica agli ogm per gli effetti di accentramento e oligopolio delle sementi, una difesa del patrimonio culturale e artistico come forma fondamentale di biodiversità. C’è poi il tema dellegenerazioni future e dell’ingiustizia verso di esse, una critica alla comunità internazionale che non raggiunge accordi sulle responsabilità e i costi della transizione, una critica, anche, alla compravendita dei crediti di emissione come forma di speculazione.
Francesco chiede una governance forte “per tutta la gamma dei beni comuni”, chiede una Autorità politica mondiale per il clima, una politica che porti avanti un approccio integrale, esige che ogni progetto o scelta politica venga accompagnato da uno studio di impatto ambientale e sociale. E ha il coraggio di parlare di decrescita “in alcune parti del mondo”, per permettere la crescita altrove.
Parla, infine, di educazione ambientale, che deve a suo avviso includere sia l’informazione scientifica ma anche una critica ai miti della modernità, come il progresso infinito, il mercato senza regole, il consumismo.
Nell’ultima parte Francesco non risparmia una critica ai cristiani che pregano “ma si fanno beffe di chi si preoccupa dell’ambiente” oppure sono passivi verso di esso: essere custodi delle opere di Dio, scrive, non è un aspetto opzionale né secondario dell’esperienza cristiana, che suggerisce uno stile di vita profetico e contemplativo, capace di “gioire senza essere ossessionati dal consumo” e di vivere liberi con poco.
Gli ultimi messaggi dell’enciclica sono poetici e fondamentali: “Occorre”, scrive Francesco, “sentire nuovamente che abbiamo bisogno gli uni degli altri, che abbiamo una responsabilità verso gli altri e verso il mondo, che vale la pena essere buoni ed onesti“. Il deterioramento etico e culturale si accompagna a quello ecologico. Serve dunque un approccio integrale per combattere la povertà, restituire la dignità agli esclusi e prendersi cura della natura.
“I deserti esteriori si moltiplicano, perché i deserti interiori sono diventati così ampi”, dice il pontefice. Poche parole capaci di spiegare sia la crisi ecologica, sia l’intera crisi occidentale. Francesco non esclude, ovviamente, la speranza e sostiene che le preoccupazioni per il pianeta non devono toglierci la gioia. Ma la Laudato Si’resta un grido forte, chiaro e completo sulla distruzione della natura, un allarme che elenca puntualmente tutti i responsabili.
In pochi hanno saputo in questi anni unire tutti gli aspetti della crisi ambientale, le sue cause, i suoi sintomi e le sue conseguenze, i possibili rimedi non solo scientifici, ma anche etici e politici. In questi tempi in cui la parola “clima” è stata bandita dall’amministrazione Trump, così come sono state espulse, coerentemente si potrebbe dire, ogni forma di umanità e di pietà, Francesco ci lascia un documento destinato a non scadere. Oggi, nella giornata della Terra, dovremmo ripartire da qui.
Il Fatto Quotidiano, 22 aprile 2025