Intervista a Valentino Giacomin
“Il problema dell’ambiente? È soprattutto psicologico. Se non superiamo l’inquinamento della nostra mente, non potremo comprendere e curare noi stessi, l’ambiente e le ferite che gli abbiamo inferto. Eppure, rispetto al cambiamento climatico, siamo ancora alla fase della negazione, quando invece dovremmo essere nel lutto”. Valentino Giacomin è una figura difficile da raccontare in poche parole. A lungo maestro e giornalista, ha fondato nel 1982 il progetto di ricerca “Alice Project Universal Education”, insieme a Luigina De Biasi, sviluppandolo prima in Italia, poi, dal 1994, in India. Oggi nelle sue scuole ci sono più di mille studenti, ai quali viene data un’educazione interculturale e sostenibile. “Nessun consiglio ecologico, non servono a molto”, spiega al telefono. “Bisogna andare alla causa dell’ecocidio, cioè alle motivazioni del disastro ambientale e della violenza in generale. Ai ragazzi, che sempre più soffrono di disturbi dell’attenzione e disagio interiore, dobbiamo dare risposte”.
Da dove è nata l’idea di portare il progetto Alice in India?
Dal Dalai Lama. Un giorno lo incontrai e gli chiesi se aveva dei consigli da darmi. Lui mi disse che ci avrebbe pensato. Lo rividi per caso tre giorni dopo, mi prese da parte e mi disse: “Il giornalismo non va bene, l’educazione sì. Vieni in India e fai educazione”. Così mi sono licenziato e sono partito, senza soldi, ho comprato con la mia pensione un terreno per la scuola e ho cominciato a fare formazione per gli insegnanti. Dopo sette mesi ne avevo 25, feci preside il più bravo, un ragazzo di 17 anni. E siamo partiti, affiancando il programma ministeriale al nostro curriculum di formazione. In inglese, indi e sanscrito. Oggi stiamo affrontando l’esperienza del Covid e insieme quella del cambiamento climatico.
A questo proposito, com’è possibile parlare in maniera non distruttiva ai bambini della crisi climatica?
Spiegando che esistono due villaggi, uno interno e l’altro esterno e che questo secondo è il riflesso di quello interiore. E che, dunque, l’inquinamento esterno è la conseguenza di quello interno, della caduta dei valori, dell’etica. Violenza, dipendenza, ostilità sono dentro di noi. Da qui bisogna partire. Ai nostri ragazzi abbiamo tolto le cose più importanti: il senso della comunità, il senso dell’identità, il verde, la religione e cosa gli abbiamo dato? Un telefonino, unito ai consumi, con i quali diventano sempre più dipendenti, quindi infelici.