Piccolo vocabolario etico perché tutto tutto ciò che è successo non riaccada
Corpo: la parola chiave, la parola che è insieme una realtà e una risposta. La usiamo costantemente, ne abusiamo costantemente. Perché corpo legato a tre ambiti, oggi: quello sanitario, quindi l’immaginario va subito a ospedali, medici, cure, salute, etc etc. Oppure quello del ftiness: il corpo allenato, il fitness, la danza, lo yoga, ma tutto in funzione appunto del corpo perfetto, magro, funzionante. Infine l’ambito del sesso, per cui corpo uguale sesso, orgasmo, masturbazione etc.
Ma il corpo non è nulla di questo, almeno non in questi termini. Il corpo è soprattutto emozione. E’ ciò che genera emozione, è il contenuto delle nostre emozioni. Non ha niente a che fare con il corpo-oggetto della medicina, né con il corpo-oggetto del fitness, né con il corpo-oggetto del sesso come viene descritto e raccontato. Il corpo è storia, il corpo è racconto, il corpo è dolore, il corpo è passione, il corpo è conflitto, il corpo è limite, anche, soprattutto, il corpo indica la strada. E’ fuori corpo chi lo usa come oggetto, ossessivamente e compulsiva mente, e chi se lo dimentica, perso in una mente troppo astratta, intellettuale, sradicata da ogni contatto. Due strade facilissime e paradossalmente simili, che spesso percorrono coloro che hanno avuto una infanzia segnata da conflitti e dolore.
Ma il corpo è anche l’unica cosa che ci può salvare dalla nostra crisi ambientale. Con i suoi bisogni, sete, fame, sonno, ci ricorda che non possiamo sopravvivere senza acqua, e acqua pulita, né senza cibo, cibo che nutre, buono, né senza riposo, né senza aria non inquinata, né con temperatura troppo alte. Ci indica in maniera lampante la strada che dovremmo percorrere, che è quella della cura. Di noi e dell’ambiente cioè sempre di noi. Se ascoltassimo i bisogni del corpo, noi che dal nostro corpo e dalla nostra sopravvivenza siamo ossessionati, ci salveremmo per certo. Invece abbiamo paura di morire ma, non ascoltando il corpo, rischiamo di morire davvero.
Infine non credo nell’opposizione corpo-digitale. O, meglio, sono sicura che un eccesso di digitale e di digitalizzazione ci fa dimenticare il corpo. Troppo digitale ci impedisce di usare bene i sensi, ci fa perdere la memoria, rende il corpo anchilosato. Però, anche, sempre più il digitale ci permette di risparmiare tempo e il tempo, com’è noto, è anche spazio. E il corpo si muove nello spazio. Insomma, se liberiamo tempo riconquistiamo il corpo. Ma ci vorranno ancora mesi o forse anni, perché abbiamo appena cominciato a usare il digitale in modo da sostituire alcune esperienze sensoriali. Una deprivazione in sé, ripeto, che non può essere totale pena la fine della nostra vita. Ma che se avviene invece parzialmente, consentendoci di fare senza perdere lo spostamento, forse ci renderà invece più vicini anni stessi, alle nostre emozioni, ai nostri corpi. Forse.
(20 aprile 2020)