È un paradosso. Il disegno di legge approvato dal Senato per la difesa di beni culturali e paesaggistici nasce per contrastare le proteste dei movimenti, in particolare di Ultima Generazione, che di fatto si battono per la conservazione del paesaggio e degli stessi beni culturali.

Il primo stravolto dal clima, i secondi danneggiati da ondate di calore e alluvioni.

Eppure è quello che sta accadendo in questa legislatura, dove a misure di deregulation (basti solo pensare al disegno di legge sull’abolizione del reato di abuso d’ufficio, mentre si discute anche di riformare il concorso esterno in associazione mafiosa) si affiancano misure, approvate con un iter quasi immediato, contro rave party e imbrattamenti di beni culturali, sia pure fatti con materiali vegetali e lavabili.

Come appunto il disegno di legge sui cosiddetti eco-vandali, il numero 693. Che di fatto tratta alla stessa stregua un turista ignorante che incide il nome della sua fidanzata sul Colosseo e azioni simboliche e dimostrative di chi sta cercando di portare l’attenzione dell’opinione pubblica e della politica sul problema più grave di sempre.

Libertà di assemblea e protesta sotto scacco

Ma il punto è anche un altro, ed è stato giustamente sollevato da una delle più grandi organizzazioni di difesa dei diritti umani, cioè Amnesty International. Che ha sottolineato la presenza nel testo di legge di elementi fortemente critici non solo in sé, ma soprattutto “in relazione alle garanzie di libertà di assemblea e di protesta assicurate dall’ordinamento italiano e tutelate dagli strumenti internazionali, regionali ed europei di cui l’Italia è parte”.

Ciò che preoccupa l’organizzazione internazionale èl’inasprimento dell’impianto sanzionatorio, al punto che si introduce una sanzione amministrativa – 10.000 euro – in aggiunta a quella prevista dal codice penale (da uno a cinque anni, ndr), quando l’imbrattamento sia commesso in occasione di manifestazioni in luogo pubblico.

Si introducono inoltre specifiche sanzioni, come la reclusione da uno a sei mesi e multa da 300 a 1000 euro per chi deturpa o imbratta teche e altre strutture espositive.

In generale, il ddl prevede multe da 20.000 a 60.000 per chi distrugge, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili beni culturali e multe da 10.000 a 40.000 euro per chi deturpa beni culturali o paesaggistici propri o altrui.

Si precisa che le sanzioni serviranno al ripristino dei beni, ma appare evidente che l’importo elevato delle cifre potrebbe non essere per nulla commisurato all’entità del danno, nel caso appunto si tratti di spray facilmente lavabile o di pulizia di una fontane di piccole dimensioni, la cui acqua è stata colorata con carbone vegetale, come appunto accaduto in due azioni di Ultima Generazione.

Multe elevatissime per scoraggiare gli attivisti

Ultima Generazione è, di fatto, il movimento che il governo vuole specificamente colpire. Minando, però, in questo modo, la libertà di espressione e di protesta, che come ricorda Amnesty è tutelata dalle nostre leggi e rappresenta l’essenza della democrazia.

“Queste norme hanno un chiaro effetto criminalizzante verso l’attivismo e verso coloro che compiono atti di disobbedienza civile come strumento di protesta o in contesti collettivi”, hanno scritto in un comunicato gli stessi attivisti di Ultima Generazione.

Mentre Mariapaola Boselli di Amnesty – che chiede al Parlamento italiano di non approvare definitivamente il testo – ha fatto notare che si tratta di una proposta di legge «che ha l’intento evidente di criminalizzare l’attivismo ambientalista e creare un effetto deterrente sulle proteste contro la crisi climatica e sulle persone che vogliono alzare la voce per la protezione del nostro ambiente».

Pene di questo tipo, e multe così elevate, rischiano infatti di scoraggiare persino chi, come i movimenti per il clima, da Ultima Generazione a Extinction Rebellion a Fridays For Future, è composto da giovani adulti e adulti che pure sostengono di aver ben poco da perdere, vista la distruzione ambientale e climatica in corso.

Italiani preoccupati per il clima e gli effetti sull’inflazione

C’è da fare forse una riflessione più ampia in risposta alla domanda: queste misure sanzionatorie giovano davvero all’immagine di chi sta cercando di approvarle, cioè il governo? Perché nei sondaggi ormai la stragrande maggioranza degli italiani – che comincia a capire molto bene le conseguenze della crisi climatica, connettendo, a esempio, il costo elevatissimo di frutta e verdura con i disastri climatici come quello emiliano – è preoccupata enormemente per il clima.

Non solo. Sempre la maggioranza degli italiani intuisce la differenza tra un vandalo qualunque e un’azione di protesta climatica.

Quello che dunque gli italiani si aspetterebbero è che il governo si concentrasse sui temi chiave dell’economia, della povertà e della difficoltà a sopravvivere. Magari intervenendo proprio sul caro vita e sull’inflazione che sta rendendo difficile anche a famiglie non povere in senso stretto di portare ogni giorno in tavola cibo accettabile.

Se questo è ciò che gli italiani chiedono a chi li rappresenta, farebbe parte del ruolo del governo, dunque, anche quello di proteggere (a proposito di protezione e di paesaggio), le nostre colture. Perché i pomodori distrutti dalla grandine mostrati dai tg proprio in questi giorni restano nella testa delle persone. Che l’ultima cosa a cui pensano vedendoli è un disegno di legge che renda impossibile, a chi cerca di segnalare l’urgenza del problema climatico, di farlo.

Così come di fare azioni a favore del contrasto alla crisi climatica e quindi della nostra sopravvivenza. A partire da quella alimentare.

Pubblicato su La Svolta.it il 17 luglio 2023

Foto di Dominic Wunderlich da Pixabay

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