Piccolo vocabolario etico perché tutto tutto ciò che è successo non riaccada
Un po’ come è accaduto per individuo, anche il privato ha subito, con la pandemia, un benefico tracollo. Ormai ci eravamo abituati al fatto che lo stato fosse assente, che bisognasse in qualche modo rimediare sempre attraverso il privato. Che fosse un parente, un amico o un ospedale privato da pagare per fare un controllo urgente importante.
Nell’ossessione del privato, abbiamo perso di vista anche i nostri diritti, cioè che ci spettava come persone. Ci siamo impoveriti, anche i ricchi che pure potevano acquistare beni e servizi senza problemi. La pandemia, per fortuna, ha segnato il ritorno del pubblico. Di ciò che è comune, di ciò che è collettivo. Ha segnato, anche, il ritorno dello stato. Non è un caso che sia santa proprio la sanità il campo in cui questa battaglia si è consumata. Un corpo, quello sanitario, distrutto da tagli, dall’ossessione miope del pareggio di bilancio, delle privatizzazioni folli. I medici sottopagati oppure precari, cittadini in attesa per mesi di una tac importante, ormai costretti a utilizzare l’intramoenia oppure, appunto, il privato, divenuto più conveniente del pubblico. Un vero assurdo a cui il virus ha messo fine, almeno momentaneamente.
Così come ha messo fine e decenni liberismo da quattro soldi, di esaltazione del libero mercato, che tale in Italia non è mai stato, contro l’intervento dello stato. Che infatti si è ritirato, è sparito, ovunque. Invece abbiamo bisogno d stato. Abbiamo bisogno di un corpo pubblico in cui riconoscerci, abbiamo bisogno di un corpo collettivo che regoli inostri doveri e difenda i nostri diritti. Abbiamo bisogno di riconoscerci, anche, parte di una nazione, o meglio forse di una patria, di un corpo comune. Il virus, anche qui, ci ha portato indietro a cose che ci sembravano vecchie e polverose, come l’amore per la nostra bandiera, quell’amore che non impedisce ci si senta parte anche della patria europea e di quella globale. Il vero patriottismo non porta confini, non chiude, invece apre al mondo.
Avevamo bisogno di questo come l’aria: di pubblico, di stato, di diritti collettivi, di patria, di condivisione. Finalmente.
(26 aprile 2020)