Piccolo vocabolario etico perché tutto tutto ciò che è successo non riaccada
Il coronavirus ha prodotto un piccolo miracolo: all’improvviso, tutti i nostri mezzi informativi hanno cominciato a intervistare medici, virologi, epidemiologi. Improvvisamente, i nostri schermi si sono riempiti di camici, mascherine, macchine per intubare. È stato un vero e proprio cambio di immaginario. Nei talk show, gli intervistati erano solo loro, gente che vive in ospedale. O, appunto, studiosi del tema. E così la scienza, finalmente, ha fatto irruzione nei nostri schermi, anche se la medicina, com’è noto, non è una scienza esatta. Ma almeno, finalmente, avevamo a che fare con esperti. Almeno, finalmente, non c’erano più politici e giornalisti spesso a discutere del nulla.
E tuttavia non ho voluto mettere come immagine un laboratorio, iconografia un po’ usurata. Ho messo un mappamondo antico, immaginandomi un geografo che studia il pianeta, anche lui uno scienziati. Perché è importante rifuggire anche dallo stereotipo opposto, quello che vuole appunto la scienza qualcosa che richiede camici e microscopi, dimenticando che scienza e conoscenza sono profondamente attigue.
In filosofia uno dei problemi sempre denunciati dagli studiosi era il rischio dello “scientismo”. Un atteggiamento, appunto, che vede la scienza in maniera quasi feticista, dimenticando il suo legame con il sapere, con il dubbio, con l’errore, anche. Questo rischio, onestamente, non lo abbiamo corso molto, vista invece la qualità scarsa della nostra discussone pubblica, l’assenza di esperti, il modo in cui scienziati e climatologi, ad esempio, sono stati snobbati in questi ultimi anni, nonostante i loro appelli accorati. Dire invece che siamo sempre stati esemplari di un cattivo umanismo, fatto di opinioni senza approfondimento, di saperi imprecisi, stereotipati, inutili in definitiva ai fini delle questioni essenziali, come la sopravvivenza e il benessere.
Invece, per fortuna, tutto questo è cambiato con il coronavirus. Quello che è importante, certamente, è che nella furia a rincorrere gli scienziati, non si dimentichino chi sono veramente gli scienziati e quanto diverso e articolato il loro sapere. E, di nuovo, dicevo, quanto la scienza sia legata alla conoscenza e dunque alla cultura in generale. Insomma, non c’è scienza senza filosofia, poesia, letteratura. si tratta di due facce della stessa medaglia infatti possiamo dire in maniera narrativa le stesse cose che la scienza dice in altro modo.
L’altra cosa importante, ora, è che si ascolti tutta la scienza. Non solo virologi ed epidemiologi, ma esperti di salute, ambiente, climatologi, fisici, tutte le persone che hanno una conoscenza approfondita dello stato di cose della vita umana e del nostro mondo e che sono in grado di fare previsioni. Nel mondo del dopocoronavirus non ci sarà permesso di non ascoltarli. Così come non ci sarà permesso di non ascoltare i veri poeti, i veri letterati, i veri filosofia. Tutti insieme dicono la Verità.
(7 aprile 2020)